Un articolo di Alessandro Pascolini, pubblicato su Il Bo Live, indaga le dinamiche geopolitiche e militari nel Pacifico occidentale, con particolare attenzione alle esercitazioni navali cinesi e russo-cinesi.
Dal 9 luglio, la squadra navale d’attacco della portaerei cinese Shandong ha operato nel mare delle Filippine, attraversando lo stretto di Luzon. Queste manovre, insieme a precedenti esercitazioni congiunte russo-cinesi, sono viste come un superamento della “prima catena di isole”, un concetto strategico importante per il controllo delle aree marittime.
La «prima catena di isole» è una definizione utilizzata principalmente in ambito militare e geopolitico, soprattutto nel contesto delle operazioni navali nel Pacifico occidentale. Questa catena comprende una serie di isole che si estendono dal Giappone, attraverso Taiwan e le Filippine, fino al Borneo e alla penisola malese. Scrive Wikipedia:
La prima catena di isole inizia alle isole Curili e termina verso il Borneo e la parte settentrionale delle Filippine. È la prima catena a circondare i paesi socialisti allineati con l’Unione Sovietica. Nelle intenzioni strategiche americane degli anni ’50, dopo che la Russia sovietica fosse stata bloccata, l’azione militare americana su questa catena si sarebbe concentrata sulla Cina. L’elemento chiave di questa prima catena sarebbe stata l’isola di Taiwan, rimasta sempre nell’area di influenza americana e fortemente difesa. Poiché questa catena di isole è costituita da una serie di masse continentali, venne anche chiamata portaerei inaffondabile (nell’originale inglese: unsinkable aircraft carrier), soprattutto in riferimento a Taiwan.
Queste isole sono considerate cruciali per il controllo delle rotte marittime e per la proiezione di potenza militare nella regione. Il concetto è particolarmente rilevante per la Cina, che vede la “prima catena di isole” come una barriera naturale che deve essere superata per espandere la sua influenza marittima e garantire la sicurezza delle sue linee di comunicazione marittime.
L’articolo discute anche le diverse prospettive strategiche di vari paesi, come Germania, Giappone, Stati Uniti e Cina, riguardo all’importanza delle isole e degli arcipelaghi nel Pacifico. Queste terre emerse sono considerate cruciali per operazioni militari rapide e intense, superando la “tirannia della distanza” e creando una continuità geografica strategica.
L’attenzione alle catene insulari e al loro potenziale strategico è tornata di attualità negli ultimi tempi per la fase attuale del confronto USA–Cina: accanto alla dimensione strategica globale, cresce l’aspetto “locale” di “confinanti” ostili. Infatti gli USA si stanno ri-scoprendo paese insulare oceanico, esposto all’espansione cinese nel Pacifico. Migranti cinesi sono presenti nel Pacifico dal 1700 e integrati con gli isolani, ma attualmente la penetrazione cinese si sta intensificando in una varietà di iniziative economiche e finanziarie, come la Belt and Road Initiative e di accordi diplomatici, comprendenti anche la sicurezza (come con le Salomone e Kiribati). I “nuovi” migranti cinesi dominano il settore del commercio al dettaglio, industrie come la pesca, il disboscamento e l’estrazione mineraria, nonché i progetti edilizi su larga scala finanziati da prestiti agevolati cinesi. La penetrazione “entropica” è accompagnata dalla crescita “esplosiva” della marina militare cinese e dello sviluppo di capacità missilistiche a portate medie e intermedie (il Dong Feng-26 è accreditato di una gittata di 4.000 km, sufficiente a colpire Guam).
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.