Alla luce del dibattito sollevato dalla vicenda giudiziaria di Ciro Grillo, un articolo di Vice del 2017, prendendo spunto da un fatto realmente accaduto alla University of Portland, spiega le difficoltà nel dimostrare lo stupro nel caso in cui il sesso sia avvenuto in stato di ebbrezza in entrambi i soggetti coinvolti, dove il confine tra atti consensuali e non diventa estremamente labile.
Ma per Clara è tutto annebbiato: i messaggi, Jack che entra nel suo dormitorio e nella sua stanza, togliersi i vestiti—cosa che, in un’udienza 30 giorni dopo, Jack ha sostenuto abbia fatto lei. Clara ricorda in modo vago di aver tirato fuori da un cassetto un preservativo e averlo messo sul comodino. Ricorda di aver detto “no” una volta mentre già lo stavano facendo, dopo che lui l’aveva girata e aveva cercato di penetrarla analmente. Lui aveva riso e ripreso il sesso vaginale. Clara non ricorda quando la compagna di stanza e l’altra amica erano tornate e avevano acceso la luce—ricorda solo che “qualcuno ha urlato e lui ha riso e se ne è andato.” […] I due hanno continuato a litigare via messaggio—Jack insisteva che anche lui era ubriaco, e che “era già stato” con Clara da sobrio. Krista gli aveva risposto che questo “non rendeva automaticamente ok farlo stavolta” e che “Clara era molto più ubriaca di te. Non era nella situazione per dire chiaramente ‘sì, voglio venire a letto con te.’ Quello che è successo non doveva succedere.” Jack ha risposto, “Il consenso è mutuo. Non ho spinto Clara a fare nulla, e nessuno di noi aveva testa per dare il consenso. Capisco di aver sbagliato, e capisco che è successa una cosa che non avrebbe dovuto succedere, ma non ho approfittato di Clara, stanotte, perché di fatto non sono stato io a spingere perché succedesse.”
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