A cura di @Pan
A circa 8000 parsec di distanza da noi, quasi 26mila anni luce, si trova Sagittarius A* (Sgr A*), anche noto ai più come “il buco nero al centro della Via Lattea”.
La sua esistenza è stata “confermata” più volte negli ultimi 20 anni, ad esempio studiando il moto delle stelle nei dintorni, tutte con orbite fortemente ellittiche attorno a un centro di massa invisibile, oppure osservando esplosioni ad alta energia nell’X dovute alla caduta di materiale come gas e stelle nel pozzo gravitazionale senza fondo del buco nero. Tutte osservazioni indirette, che suggeriscono fortemente la presenza di una enorme concentrazione di massa invisibile (= un buco nero di con tanta massa).
Adesso sembra arrivato il momento di vederlo, per davvero. Ok, non si può “vedere” direttamente un buco nero, ma l’ombra lasciata dal suo orizzonte degli eventi, una sorta di anello composto dalla luce proveniente da tutto il materiale che gli sta attorno, fortemente magnificata dalla gravità stessa dell’oggetto per effetto di un curioso fenomeno noto come lensing gravitazionale, previsto dalla Relatività Generale. Il problema? Beh, per poter vedere direttamente questo anello, serve una risoluzione dell’ordine dei 25 microarcosecondi (mas), poco più del raggio di una mela posta sulla superficie della Luna.
E quindi? La massima risoluzione raggiungibile da un telescopio va come il rapporto tra la lunghezza d’onda d’osservazione e il diametro dello specchio primario. Per raggiungere 25 mas nelle lunghezze d’onde del visibile, dimenticandoci un attimo dell’annoso problema dell’atmosfera, servirebbe un telescopio con uno specchio di circa 72 metri di diametro. Azz, è un po’ tantino, per non dire tecnologicamente irraggiungibile. Ma poi, chi se ne frega, tanto nel visibile non è possibile vedere SgrA*, è oscurata dalla presenza delle polveri interstellari. Bypassiamole, andiamo nel vicino infrarosso. Il diametro diventa di 720 metri. Certo, sarebbe carino se potessi prendere più telescopi e osservare come fosse uno solo da 700 metri, ma queste cose non si possono fare se non a lunghezze d’onda sub-millimetriche e nel radio, dove posso essere ragionevolmente sicuro di stare osservando lo stesso fronte d’onda con più telescopi, e quindi correlare il segnale, fingendo di aver osservato con uno solo.
E quindi cosa succede nel sub-millimetrico e nel radio? Tipo, a 1.3 mm di lunghezza d’onda? Mi serve un telescopio di 187 chilometri. Perfetto! Come, “perfetto”? Beh, ovvio, come spiegato in questo articolo di Media INAF, se coordino ben otto radiotelescopi dispiegati in tutto il mondo, e poi faccio un sacco di magia oscura nota come interferometria, un nome temuto da tutti gli astronomi dietro cui si celano centinaia e centinaia di gigabyte di dati, trasformate di Fourier e testate contro il muro, riesco a raggiungere la risoluzione desiderata, e quindi a osservare l’orizzonte degli eventi di SgrA*!
Ed è proprio quello che proverà a fare, dal 5 al 14 Aprile, l’Event Horizon Telescope, una rete di diversi radiotelescopi in tutto il mondo, coordinata con l’unico obiettivo di scattare una foto al buco nero supermassicc…supermassiv…, vabbè, avete capito, al centro della nostra galassia. Proverà, perché non siamo certi che l’operazione possa anche solo partire, per non parlare del buon fine: è necessario che per tutta la durata delle osservazioni le condizioni atmosferiche siano perfette, persino in un luogo secco e arido come l’Atacama dove non ha mai piovuto a memoria d’uomo.
Se tutto andrà secondo i piani, è solo questione di mesi prima di poter dire con gli amici alieni al bar che noi, nella nostra collezione di foto, abbiamo anche quella dell’orizzonte degli eventi di un buco nero.
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