un sito di notizie, fatto dai commentatori

E se invece di cercare terre rare provassimo a sostituirle?

0 commenti

Le terre rare si trovano in quella sorta di “accapo” della tavola periodica degli elementi che comincia con il Lantanio. In realtà non sono elementi rari nella crosta terrestre ma sono difficili da estrarrre. Nonostante ciò, molti di questi elementi sono diventati fondamentali per le tecnologie di utilizzo corrente o che si pensa, spera o vuole che lo diventino nei prossimi anni.

La crescente necessità e dipendenza da queste materie prime, però, presenta dei problemi politici, come scrive Gianluca Schinaia su
Wired Italia:

Reperire terre rare è sempre più difficile per l’Europa. La Cina, da sola, garantisce attualmente il 49% del fabbisogno totale effettivo di materie prime critiche globali e le crisi geopolitiche dell’ultimo anno, hanno peggiorato la situazione.

E soprattutto di sostenibilità ambientale: come ricorda questo Report di Harward parlando dei due metodi più diffusi per estrarre le terre rare (leaching e drilling):

Both methods produce mountains of toxic waste, with high risk of environmental and health hazards. For every ton of rare earth produced, the mining process yields 13kg of dust, 9,600-12,000 cubic meters of waste gas, 75 cubic meters of wastewater, and one ton of radioactive residue.

Per questo motivo, Stefano Bonetti e Guido Caldarelli, due fisici dell’Università Ca’ Foscari di Venezia hanno messo a punto un metodo che consentirebbe di cercare dei composti chimici che possano sostituire le terre rare nelle loro applicazioni.

I due hanno attivato una fondazione, la RaRa Foundation Ets, per promuovere il loro metodo. Dice Bonetti:

Ci siamo inventati un modo rivoluzionario rispetto all’esistente […] sostituire un materiale raro con un materiale nuovo, appare una sfida enorme dato che le combinazioni possibili dei materiali sono circa 10 alla 80, ovvero quanto il numero di atomi nell’universo. Noi stiamo brevettando un metodo basato su un software e un approccio sperimentale”

L’algoritmo considererebbe materiali abbondanti e relativamente facili da raffinare, per combinarli in modo tale da avere delle caratteristiche desiderate, dalla shortlist così ottenuta, poi, si proverebbero i candidati in laboratorio.

Un approccio simile è stato provato in farmaceutica:

The COVID-19 pandemic revealed AI to be an essential tool in helping to find treatments and vaccines with greater speed and precision. Since then, there have been several drug discovery breakthroughs for AI within the biopharma industry, from helping to quickly and efficiently discover a new antibiotic called abaucin to combat a multi-drug resistant bacteria, to fully discovering and designing a drug that has entered clinical trials.

E ci sono già diverse compagnie, dai giganti a dei nuovi arrivati, che propongono soluzioni del genere per indirizzare la ricerca di laboratorio.

Purtroppo, al momento non sono disponibili più dettagli sull’ottimizzazione del search space o risultati concreti di questo metodo. I due si mantengono ottimisti, sostenendo che:

Secondo il docenti della Ca’ Foscari potenzialmente ogni materiale scarso è sostituibile attraverso questo metodo. E alcune sperimentazioni sono già in fase avanzata: “Pensiamo ai magneti: quelli che compongono la cuffie contengono neodimio, ovvero i magneti più forti che esistono. […] Noi puntiamo a produrre dei magneti senza neodimio”.

Magneti di pari intensità di campo per peso, Nota dell’editor.


Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.