In un lungo articolo pubblicato su Doppiozero, Andrea Inglese traccia un quadro della situazione politica francese fornendo una controintuitiva analisi socio-economica dell’elettorato lepenista.
L’ecosistema politico francese è stato sconvolto da una serie di eventi. Il presidente Macron ha deciso di sciogliere il governo e di andare alle elezioni legislative a poche settimane dall’inizio dei Giochi Olimpici perché la maggioranza di governo ha subito una pesante sconfitta alle elezioni europee, con l’estrema destra di Le Pen e del giovane Bardella che è diventata il primo partito di Francia con oltre il 30% dei voti. Inoltre, c’è stata un’inaspettata alleanza tra le sinistre in un nuovo Front Populaire. Tutto ciò ha portato all’assenza di discussione sull’Europa e sul nuovo parlamento europeo, che sono spariti dalla scena mediatica molto rapidamente.
L’elettorato di estrema destra è eterogeneo e contraddittorio, come le componenti ideologiche e i programmi di governo che caratterizzano i partiti di estrema destra europei e quello francese in particolare. Si è molto insistito, ad esempio, sul voto di protesta delle classi popolari, che non troverebbero più nella sinistra un’adeguata rappresentanza.
Questo voto popolare e operaio in parte esiste, ma non permette di spiegare da solo un tale successo. Innanzitutto, ricordiamo che, a queste europee, il primo partito in Francia resta comunque quello dell’astensione (48,5% di non votanti). E anche in questa occasione il segmento maggioritario degli astensionisti viene dai nuclei famigliari a reddito più basso. Inoltre, secondo alcuni dati diffusi settimana scorsa, una componente importante del voto dell’estrema destra è fornito da manager e quadri d’azienda, da diplomati con almeno due anni di specializzazione, e da nuclei familiari che guadagnano non meno di 3000 euro al mese.
Il Rassemblement National funziona come “ricettacolo interclassista” di diverse frustrazioni e inquietudini. Lo scontento sociale, tanto sbandierato da Le Pen stessa e da gran parte degli opinionisti, non è certo il solo né il più importante. La controprova è fornita dai primissimi dibattiti della nuova campagna elettorale, con il Front de Gauche all’offensiva grazie a un programma sociale assai avanzato (tassazione dei grandi patrimoni, annullamento della legge sulle pensioni, ecc.). Di fronte a una tale chiarezza di proposte, l’estrema destra perde immediatamente terreno, ed è quindi costretta a rilanciare con i temi, rispetto ai quali non conosce vera concorrenza: immigrazione, sicurezza, identità culturale, preferenza nazionale. E con le questioni d’identità, ritroviamo la formula magica del capro espiatorio e le pulsioni razziste e xenofobe che l’alimentano.
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