La mattina del 4 maggio 1954 nella miniera di lignite di Ribolla, tra le colline metallifere della Maremma, ci fu uno scoppio di grisou, un combustibile inodore e incolore, miscuglio composto soprattutto da metano – e poi azoto, anidride carbonica e altri gas – un ectoplasma che infesta ogni cava di lignite ma che rimane inoffensivo almeno fintanto che esiste un circuito di areazione adeguato, finché ci sono le giuste vie di flusso e riflusso dell’aria. È un’equazione delicata: quando il grisou si combina con l’aria in porzioni tra il 6 e il 16 per cento dà luogo a una miscela tossica, infiammabile ed altamente esplosiva. Ed esplode, il 4 maggio, tra le 8:35 e le 8:45, perché nella sezione sud della miniera, chiamata “Camorra”, la ventilazione è diventata insufficiente dopo che alcuni restauri dei pozzi, in quei giorni, hanno apportato delle modifiche alle macchine per l’areazione. Senza testare il nuovo sistema, i minatori sono fatti tornare al lavoro, come niente fosse. La detonazione si propaga alle altre gallerie, raggiungendo decine di operai, alcuni dei quali rimangono schiacciati nei cunicoli che vengono giù. Di morti se ne conteranno 43.
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