Leggendo L’Italia sotto le bombe, di Marco Patricelli, un saggio sulla guerra aerea del 1940-45, imparo che per bombardare una città i piloti devono sincronizzare gli orologi. Poco dopo le 13 del 7 aprile del 1944 la città di Treviso viene bombardata da un centinaio di B-17 decollati da Lecce. Muoiono quasi duemila persone.
Andrea Zanzotto, il poeta del Novecento italiano e veneto, all’epoca aveva ventidue anni. Era nato poco lontano e avrebbe iniziato a pubblicare le sue poesie a guerra ormai conclusa. Nelle sue prime raccolte la presenza dell’essere umano sarebbe stata cancellata dal fondale, e con l’uomo il peso degli incidenti storici: “era un riflesso psicologico alle devastazioni della guerra”.
Zanzotto lo ripete negli anni, la poesia è l’unico vero insediamento dell’essere umano, dove si mantiene vivo “il ricordo di un tempo proiettato verso il futuro semplice – banale forse, ma necessario – della speranza”.
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