un sito di notizie, fatto dai commentatori

Gli Americani non credono più nel valore dell’università

0 commenti

Per generazioni la fede della classe media nell’istruzione terziaria come status symbol essenziale e strumento di mobilità sociale ha motivato le famiglie americane a investire nell’istruzione e a spingere i propri figli verso lo studio universitario, considerato come una scelta di buon senso in modo unanime dalla società. Tuttavia qualcosa sta cambiando, come osserva Douglas Berkin sul Wall Street Journal (alt)

 Negli ultimi dieci anni, la percentuale di americani che ha espresso molta fiducia nell’istruzione superiore è scesa dal 57% al 36%, secondo Gallup. Un calo delle iscrizioni universitarie dal 2011 ha portato a 3 milioni di studenti in meno nei campus. Quasi la metà dei genitori afferma che preferirebbe non mandare i propri figli a un college di quattro anni dopo il liceo, anche se non ci fossero ostacoli, finanziari o di altro tipo. Due terzi degli studenti delle scuole superiori pensano che andranno bene anche senza una laurea.

Il declino dell’importanza percepita della laurea, nonostante questa dovrebbe ancora essere un investimento finanziario vantaggioso nel corso dei decenni secondo molti studi, ha molteplici ragioni, tra cui la decrescente utilità intrinseca di questa istruzione terziaria nella percezione comune, accompagnata però da una crescente onerosità della stessa in termini monetari, il che contribuisce al circolo vizioso dell’università concepita come un bene di consumo piuttosto che un percorso formativo.

… il costo degli studi è aumentato del 180% tra il 1980 e il 2020. L’elevato costo ha aumentato la pressione sulle università, che tendono a trattare gli studenti come consumatori che acquistano un titolo di studio, piuttosto che come studiosi che ricevono un’educazione.

Questo ha portato anche a un aumento del fenomeno del plagio:

Il college è uno dei pochi prodotti di cui i consumatori cercano di godere il meno possibile, poiché il suo valore di mercato è legato al titolo di studio, non all’istruzione che dovrebbe rappresentare, afferma Bryan Caplan, economista alla George Mason University e autore di The Case Against Education. Secondo Caplan, copiare diventa una scelta razionale da parte degli studenti quando i titoli di studio sono scollegati dall’apprendimento. Egli ritiene che l’80% del valore di una laurea oggi sia il segnale che essa invia ai datori di lavoro, e che pochi studenti, al di fuori delle discipline scientifiche, apprendano competenze di reale utilità.

Avere più laureati con risultati di apprendimento deboli non è senza conseguenze: ha diminuito il valore delle lauree rilasciate da università meno prestigiose e incentivato il fenomeno dei datori di lavoro che richiedono la laurea anche per lavori dove non servirebbe. La crescente disaffezione per questa istituzione non è sorprendente, se si considera che 5 anni di studio al college in America costano 300.000 dollari, costo opportunità incluso, in media. E le storture del sistema stanno diventando evidenti anche al pubblico, che inizia a considerare tutto ciò un impegno troppo gravoso; nel 2016 il 70% dei diplomati si era iscritto all’università, rispetto al 62% nel 2022.

Tuttavia uno dei motivi principali per cui i giovani continuano ad andare al college è l’apparente mancanza di alternative.

A differenza del modello europeo di istruzione superiore, dove gli studenti entrano in un percorso professionale e fanno apprendistato con un datore di lavoro con il supporto del governo, negli Stati Uniti si investe quasi esclusivamente negli studenti che vanno al college. Il sostegno finanziario del governo alle università supera di circa 1.000 a uno quello agli apprendistati, scrive Ryan Craig, autore del libro Apprentice Nation e direttore di una società che investe in nuovi modelli educativi.

Tuttavia, la pressione per dare meno importanza ai diplomi di laurea quadriennale è in aumento. Nel fenomeno definito “degree reset”, il governo federale e diversi stati hanno eliminato i requisiti di laurea per molti lavori pubblici. Anche aziende come IBM e la grande società di servizi professionali Deloitte hanno seguito questo approccio.

Alcuni datori di lavoro provano a dotarsi di un sistema di assunzioni basato sulle competenze invece che sui titoli di studio, ma l’attrattiva della laurea continua ad essere forte: nel periodo compreso tra il 2019 e il 2022 le offerte di lavoro senza richiesta di una laurea sono aumentate del 36%, anche se il numero dei posti di lavoro occupati da non laureati in realtà è molto inferiore.


Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.