A cura di @NedCuttle21(Ulm).
Su Internazionale, un reportage di Christian Raimo sull’antifascismo militante, all’indomani dei fatti di Macerata. Un viaggio da Milano a Palermo, corredato di interviste a studiosi del fenomeno e ad alcuni esponenti di vari movimenti antifascisti militanti:
Piove parecchio, è un inverno monotono e lunghissimo, quando un paio di mesi fa arrivo a Milano senza ombrello, invitato dal collettivo studentesco del liceo Parini per partecipare a un incontro sul tema neofascismo e antifascismo. Siamo ancora dentro la camera dell’eco della campagna elettorale, all’indomani dei fatti di Macerata, cioè dell’omicidio di Pamela Mastrogiacomo e della tentata strage di Luca Traini.
Nell’aula magna si sono assiepate due-trecento persone, molte con il quaderno in mano, pronte a farmi delle domande. Le guardo, poggio su una sedia la giacca fradicia, provo ad anticiparle: qual è secondo voi la differenza tra populismo e fascismo? Quanti di voi conoscono bene la storia di Giacomo Matteotti? Chi mi parla di Gianfranco Fini e della svolta di Fiuggi? Poi leggo ad alta voce e scrivo alla lavagna la definizione che dà Emilio Gentile nel suo libro “Fascismo. Storia e interpretazione”:
“Il fascismo è un fenomeno politico moderno, nazionalista e rivoluzionario, antiliberale e antimarxista, organizzato in un ‘partito milizia’, con una concezione totalitaria della politica e dello stato, con una ideologia a fondamento mitico, virilistica e antiedonistica, sacralizzata come religione laica, che afferma il primato assoluto della nazione, intesa come comunità organica etnicamente omogenea, gerarchicamente organizzata in uno stato corporativo, con una vocazione bellicosa alla politica di grandezza, di potenza e di conquista, mirante alla creazione di un nuovo ordine e di una nuova civiltà”.
Immagine da Wikimedia.
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