Il 4 giugno 2020 è il centesimo anniversario del Trattato di Trianon, uno dei trattati che hanno concluso la Prima Guerra Mondiale (a Versailles si firmò solo quello con la Germania, e quelli con le altre potenze degli Imperi Centrali furono firmati in regge e palazzi vicini). Nello specifico, a Trianon si firmò il trattato con l’Ungheria, che sancì la perdita di quasi due terzi del suo territorio, che andarono a Iugoslavia, Romania, Cecoslovacchia e perfino Austria (e anche all’Italia, una volta che ottenne Fiume). Inoltre, dopo il trattato nei paesi confinanti restarono molte minoranze ungheresi, che avrebbero costituito una costante fonte di tensione nei decenni successivi.
Ancora oggi, spiega Politico, il Trattato di Trianon è ricordato come un’ingiustizia e un’umiliazione nazionale in Ungheria. Orbán fa spesso riferimento ad esso, e a una visione della storia ungherese in cui Trianon simboleggia l’aggressione straniera all’Ungheria, in una linea di continuità che va dall’invasione turca del Sedicesimo secolo all’arrivo di migranti oggi. Come racconta Balkan Insight, il ricordo di Trianon complica i rapporti fra l’Ungheria e i paesi confinanti, anche a causa del fatto che Budapest ha concesso la nazionalità ungherese alle minoranze magiarofone presenti in essi. Con Serbia, Croazia e Slovacchia non ci sono grandi problemi, anche a causa di idee politiche comuni su altre questioni, ma con la Romania ogni tanto ci sono screzi diplomatici. Recentemente il presidente rumeno Klaus Iohannis (lui stesso membro di una minoranza, quella di lingua tedesca) è stato multato da un organo di controllo anti-discriminazione per aver accusato un partito ungherese di irredentismo.
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