Su Jacobin Italia, Valentina Mira ci parla dell’occupazione di uno stabile in Viale delle Province (Roma), nel quale anche lei ha vissuto durante un periodo difficile. Ora lo stabile, dove ovviamente vivono persone svantaggiate dal punto di vista economico, è a rischio sgombero e Mira prova quindi a spiegare le ragioni per cui secondo lei un’azione del genere, seppur legittima, sarebbe tutt’altro che giusta.
Immagina: è il 2019, e tu hai ventotto anni. Li hai compiuti il 25 aprile, il buongiorno è stato un amico che ti chiama e ti dice che nella notte hanno dato fuoco alla libreria in cui lavora, la Pecora elettrica. Tu stai per licenziarti dal giornale per cui scrivi ma rimandi. Quell’articolo lo devi scrivere tu. È una giornata di schifo, il tuo compleanno, prelude a un periodo buio. Infatti nei mesi seguenti tuo padre finisce all’ospedale e il giornale per cui scrivi chiude. Quindi, ricapitolando: hai 28 anni, nessun lavoro, papà è all’ospedale, e poi c’è quella cosa per cui tuo fratello è sparito da anni. Non hai niente: che fai, ti ammazzi? Magari no.
[…]Fa ridere anche chi dice che gli occupanti sono degli scrocconi. Avendo vissuto là garantisco che a nessuno piace avere una doccia in comune con tutto il pianerottolo, e di dover spazzare ogni volta che te la fai perché sennò si allaga tutto. A nessuno piace che così spesso vada via la corrente. A nessuno piace farsi cinque piani di scale a piedi. L’occupazione non è un lusso, anche solo viverci comporta una certa dose di resistenza. Quando sono entrata nella mia stanza c’era il frigorifero che l’inquilino di prima ci aveva lasciato dentro con roba scaduta che puzzava: se l’è incollato Salim per cinque piani in discesa, perché lui ci riesce e io, francamente, no. […] La casa-stanza è diventata decente e perfino bella ai miei occhi. Ma scegliere di viverci? Lo fai solo se non hai altre chances. Lo fai se tua figlia ha l’asma e nella casa in affitto c’è la muffa, come nel caso di Garcia, che lavora in un ristorante e non ha smesso neanche in piena pandemia perché non poteva. Vivere in questi posti non è un lusso. Si spera sempre di uscirne, di avere una casa vera. È questa l’unica richiesta, che il II municipio ha già accolto, che però comune e regione a quanto pare ancora no.
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