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I 30 anni dall’alluvione del Tanaro

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Sono passati trent’anni da un catastrofico evento alluvionale che ha interessato il Piemonte nel novembre 1994, causando 70 morti e infinite distruzioni. 

Riprendiamo, per ricordare l’alluvione, articoli e video che nel corso degli anni hanno descritto questa tragedia. Così scrive Polaris:

Fra il 2 e il 6 novembre 1994, l’Italia nord-occidentale venne interessata da un evento meteorologico particolarmente intenso. Le aree più colpite furono l’Appennino ligure, le Langhe, il Monferrato e il biellese in Piemonte, dove le precipitazioni, deboli e sparse nei giorni 2 e 3, andarono intensificandosi in quelli successivi, facendo registrare al pluviometro di Ponzone (AL) 152,2 mm in cinque ore, con un picco di 54,8 mm/h intorno alla mezzanotte del giorno 4. Durante la notte e nelle prime ore del giorno 5 le piogge si estesero alla zona dell’astigiano e del cuneese, interessando in particolare i bacini del Tanaro, nel quale furono misurati i più alti valori di pioggia (251,6 mm/24h a Priero e 245,4/24h a Perlo, entrambi in provincia di Cuneo), del Bormida e del Belbo. Mentre nel pomeriggio/sera dello stesso giorno in quest’area i fenomeni andavano praticamente esaurendosi, nelle stesse ore le precipitazioni più intense interessarono la zona del biellese, dove al pluviometro di Oropa nelle 24 ore del giorno 5 vennero registrati 311,8 mm di pioggia.

La Nuova Provincia raccontava l’impatto dei fenomeni nell’Astigiano:

Era domenica e la piena aveva già fatto disastri a monte del Tanaro, sabato pomeriggio e alla vicina alba, nella serata sempre del sabato. Ma aveva ancora così tanta forza da polverizzare gli argini astigiani e allagare tutta la parte sud del capoluogo fermandosi solo ai piedi della scalinata che conduce dall’ex Intendenza di Finanza a Campo del Palio, trasformato in un grande lago cittadino.

La corrente del Tanaro incontenibile, portandosi dietro i detriti raccolti nei chilometri di piena, ha cominciato a far saltare i ponti sul suo percorso, ad indebolirne altri e ad isolare interi paesi lungo il suo corso. Quella notte fra sabato e   domenica, l’alluvione si portò via   Fiorentino Genovese ed Elide Sciutto di Canelli, uccisi dalla piena mentre erano in cantina, travolti dall’improvvisa piena del Belbo.  Nella giornata di domenica e nei giorni seguenti, il terrore vissuto quella notte e la disperazione per i danni subiti si è portato via altre quattro persone: l’ex veterinario di Canelli Giacomo Garessio (70 anni), Orsolina Giordano (86 anni) che abitava in Recinto Catena, il commerciante Pietro Nosengo (81 anni) e Regina Bosco (72 anni) pensionata che viveva in corso Savona.

Il Piccolo con due video rivive la tragedia della città di Alessandria che registrò ben 14 morti:

Alluvione Alessandria: chi c’era non ha bisogno i dettagli. Altri li avranno appresi, in 29 anni di commemorazioni. Altri ancora preferiranno dimenticare, anche se è difficile resettare in toto se, di buon mattino, si era a San Michele, dove l’acqua, in primis, fece capolino, o se nel primo pomeriggio si era agli Orti o all’Osterietta. O anche ad Astuti, per non dire dei paesi lungo l’asta del Tanaro, da Masio ad Alluvioni, con la parte bassa di Felizzano diventata un lago e la frazione Tripoli di Solero scopertasi più vulnerabile che mai. Ci sono stati 14 morti nella sola città di Alessandria, 78 in tutto il Piemonte. E poi i feriti, e i danni alle infrastrutture, dall’ospedale (sott’acqua il Pronto soccorso) alla ferrovia che corre parallela al Tanaro. E le case, le fabbriche, i negozi. L’alluvione ha rivoluzionato Alessandria e cambiato, almeno un poco, gli alessandrini. Ha dato un colpo durissimo al tessuto economico, anche se i più si sono ripresi e qualcuno, di questa tragedia, ha certamente approfittato. Per lungo tempo, la vita mandrogna si è distinta tra un “prima” e un “dopo” l’alluvione, come succede per gli eventi straordinari.

Specchio dei tempi commemorava quel dramma raccontando come è stato vissuto dalla redazione de La Stampa:

Il 6 novembre 1994 era domenica ma al primo piano di via Marenco, nella Cronaca de La Stampa, alle 7 del mattino c’eravamo già tutti. Il Piemonte era sotto l’attacco della più violenta alluvione della sua storia. I telefoni non smettevano di suonare, il centralino era collassato, la televisione trasmetteva le prime drammatiche immagini e si cominciavano a contare i morti, a decine.  Il caposervizio Marco Marello decise i nostri ruoli: “Mascarino va ad Alba, Conti va ad Alessandria, ad Asti ci pensano quelli di Miravalle, l’Alto Tanaro è affare di Cuneo, nel Vercellese muoviamo i corrispondenti, la provincia di Torino la gestiamo noi della sede, gli altri lavorino ad una mappa dettagliata dei danni e dei morti in tutta la regione. E cercate di non dimenticare niente e nessuno”. Nel cortile le macchine attendevamo con gli autisti impegnati a capire quali strade percorrere e quali ponti erano caduti e quali no, senza dimenticare di sistemare taniche di benzina di scorta nei bagagliai.  I fotografi erano pronti, con i gambali alti per potersi muovere nel fango, e le spesse cerate per proteggere le Nikon dalla pioggia che ancora cadeva. La radio interna, che collegava tutti i mezzi de La Stampa con la redazione, snocciolava preoccupanti  informazioni sulla viabilità. Partimmo.

Infine RaiNews in occasione del ventennale presentava il libro della giornalista Paola Scola, dedicato alla tragedia piemontese: “Gli eroi nel fango 1994-2014”.

“In quel periodo vivevo a Ceva, in provincia di Cuneo. Quell’alluvione l’ho vissuta direttamente. Non sulla mia pelle – perché non ho avuto danni – ma ho visto la tragedia nelle facce di chi aveva perso tutto. Mi ricordo che quella sera del 4 novembre c’era fermento, non si sapeva cosa stesse succedendo, le scuole erano state evacuate. Il fiume Tanaro era quadruplicato e pensavamo che fosse successo solo da noi. Solo il giorno successivo ci siamo resi conto che era così dappertutto, anche in altre province del Piemonte. Era iniziato tutto da Ormea, all’alba, con il torrente Armella che iniziava a dare i primi segnali di quella che sarebbe diventata la grande alluvione. A Garessio, nel Cuneese, erano le 10: l’allarme era notevole ma non si capiva. Il fiume Tanaro, che passa sotto il ponte Odasso, era un fiume di fango. Il ponte ha resistito, ma in tarda mattinata il Tanaro lo ha oltrepassato lasciando solo l’arcata di mattoni. Poi le esondazioni, le frane e gli smottamenti si estesero dal Cuneese all’Astigiano, all’Alessandrino e al Torinese. I bacini più colpiti furono quelli dei fiumi Tanaro, del Bormida, del Belbo e del Po. Tre giorni, il 4, il 5 e il 6 novembre, di apocalisse. Da tempo venivano affrontate solo le urgenze, i fiumi non venivano puliti, si interveniva con i gruppi di volontari. Ma non c’era un’organizzazione vera e propria come quella di adesso. Non c’era la Protezione civile. Mi ricordo che c’era bisogno di tutto, anche di qualche panino per sfamare la gente. Gli sfollati erano a migliaia e in soccorso sono venuti gli alpini, dal Friuli. La gente friulana non si era dimenticata l’aiuto dei piemontesi durante il terremoto e li ha ricompensati con la solidarietà”.

Sempre su RaiNews una raccolta immagini. Negli anni successivi altre alluvioni hanno colpito il nostro paese, anche recentemente e ripetutamente come in Romagna, interessando più volte lo stesso Piemonte. Ma questo drammatico evento è impresso nel ricordo di chi lo ha vissuto o lo ha sentito raccontare dalle vittime. E riconosce nelle voci e negli accenti dei protagonisti tutto il dolore e la distruzione che questa catastrofe ha causato.


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