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I bambini venuti dalla Svizzera

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Una storia persa nel tempo quella dei bambini svizzeri, orfani, illegittimi o abbandonati in tenera età che, negli anni a cavallo tra XVIII° e XIX° secolo, venivano portati a Milano per essere custoditi e fatti crescere nelle strutture caritatevoli cittadine. Ne parla in un lungo articolo la TV Svizzera.

A quel tempo Milano, città sotto il dominio austro-ungarico, si era dotata di alcune strutture dove potevano essere lasciati i neonati rifiutati per svariati motivi dalle famiglie di origine, senza che queste dovessero dare spiegazioni.

Nella vicina Svizzera la rivoluzione industriale iniziava a produrre effetti sulla società portando persone giovani in cerca di miglior condizioni di vita verso le città e facendo al contempo scemare il controllo sociale che agiva ancora nei villaggi montani.

L’articolo del giornale Schweizerbote portò all’attenzione dell’opinione pubblica svizzera, ma anche tedesca, austriaca e italiana, il villaggio di Flüelen, nel Canton Uri, dal quale partivano uomini che trasportavano piccoli gruppi di bambini attraverso il Gottardo e giù fino a Milano, dove poi venivano lasciati alla ruota degli esposti.

L’articolo, il cui titolo accennava ai raccapriccianti abusi avvenuti in Svizzera, paragonandoli a una compravendita di bambine e bambini, per la prima volta faceva luce su una pratica non proprio ortodossa nel Canton Uri: per un decennio abbondante, infatti, le bambine e i bambini illegittimi furono trasportati dalla Svizzera, passando per il Gottardo, a Milano presso un ospizio per trovatelli. Nella città lombarda nel 1780 era stata fondata la Pia Casa degli esposti e delle partorienti, una struttura d’accoglienza che adottava una politica liberale unica nel suo genere in tutta Europa. Mentre all’epoca nella Confederazione Svizzera non esisteva nessun orfanotrofio che accoglieva bambine e bambini illegittimi, la struttura fondata dall’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo consentiva a chiunque di abbandonare le proprie figlie e i propri figli per poi tornare a riprenderli un giorno, senza timore di dover essere puniti.

Il viaggio non era certo agevole e molte furono le vittime, ma ci volle parecchio tempo prima che le stesse autorità cittadine, cantonali e federali ponessero fine a questo vero e proprio commercio (i genitori pagavano i passatori per liberarsi dei bambini). Ci si provò per tutta la prima metà dell’ottocento, ma il traffico dei neonati si arrestò solo dopo la metà del secolo.

 


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