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I problemi dell’editoria scientifica

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La redazione di ROARS intervista Paolo Crosetto sul tema delle crepe nel sistema dell’editoria scientifica.

L’intervista illustra l’anteprima di un lavoro (The strain on scientific publishing) a firma Hanson, Barreiro, Crosetto e Brockington. I numeri degli studi scientifici crescono di anno in anno, questa ansia da pubblicazione ha conseguenze su tutta la “filiera”:

“Strain” è la pressione crescente sul sistema dell’editoria scientifica nel suo complesso – da parte di tutti gli attori coinvolti, editori, autori e anche agenzie di ricerca. La quantifichiamo come la crescita esponenziale (~5% all’anno sugli ultimi 20 anni) degli articoli pubblicati, ma è solo un modo di catturare un fenomeno più esteso. Credo che chiunque faccia ricerca lo senta attorno a sé. È sempre più difficile per gli editor trovare colleghi disposti a referare gli articoli, ci sono dimissioni di massa o individuali dai comitati editoriali di diverse riviste a causa delle pratiche aggressive degli editori; ci sono autori iper-prolifici che pubblicano un articolo ogni due giorni, schemi per vendere e comprare posizioni da autore in articoli già accettati, possibilità di pagare di più per avere una peer review più rapida… sono tutti indicatori di un sistema non sostenibile che sta girando troppo veloce.

Il lavoro si concentra su delle metriche per evidenziare alcune qualità che stanno dietro alla processo produzione scientifica, ad esempio il tempo che intercorre tra l’invio di uno studio ad una rivista e la sua accettazione. Molte delle anomalie in questi indicatori si accompagnano all’aumento delle «edizioni straordinarie», fenomeno più marcato nelle pubblicazioni di MDPI e Frontiers.

Crosetto azzarda qualche consiglio per far fronte a questo tsunami:

Il nostro intento principale è di fornire i dati necessari per una discussione informata all’interno della comunità. Non sta a noi, ma piuttosto agli istituti che finanziano la ricerca intervenire: sono le sole istituzioni a poter influenzare l’intero settore, autori e editori. Individuiamo però due azioni che queste istituzioni potrebbero prendere e che secondo noi andrebbero nella direzione giusta: dal lato degli autori, passare a CV più qualitativi e meno quantitativi – come già fatto dalla Fondazione per la Ricerca Svizzera – quando si valutano i finanziamenti alla ricerca; dal lato degli editori, scoraggiare la sottomissione di articoli a Special Issues, che abbiamo dimostrato essere soggette a un vaglio meno rigoroso.


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