Di @dot e @ex cocomeraio
Quando si chiede agli americani se si fidano dei sondaggi, molti non hanno superato quello che è successo nel 2016. Ma come FiveThirtyEight scrisse dopo le elezioni del 2016, Trump fu sempre dietro a Clinton di un normale margine di errore, a differenza di quanto comunemente si crede.
Il sito di Nate Silver parla di questa percezione tra la popolazione americana.
Quindi, in realtà, nel 2016 i sondaggi non erano davvero sbagliati, o almeno non lo erano in modo insolito e nemmeno clamoroso. Se in molti è rimasta impressione di un enorme errore è perché il problema non è stato (solo) con l’accuratezza dei numeri ma con il modo in cui questi numeri sono stati raccontati.
Ne parlano Francesco Costa nel suo podcast con un’intervista a Lorenzo Pregliasco e Mario Aloi in un articolo su Esquire.
Ma perché tornarci sopra dopo tutto questo tempo, direte voi? Perché quel problema esiste ancora, dico io. Almeno in parte. Un problema di narrazioni tagliate con l’accetta, di allergia a concetti complessi come la probabilità, e di scarsa diversificazione del personale (a livello di estrazione culturale e sociale) all’interno dell’industria mediatica mainstream, per cui poi le suddette narrazioni finiscono a rimbalzare da una redazione all’altra invece di essere messe in discussione. Sbrogliare quella storia ormai vecchia di quattro anni può certamente aiutarci per il futuro prossimo e non solo.
Sì ma quest’anno come andrà?
la posizione di Biden al momento è di netto vantaggio, ma uno slittamento di qualche punto percentuale (o un parigrado errore dei sondaggi) può trascinarsi dietro tutto il castello elettorale e fare la differenza tra una vittoria risicata di Trump e una a valanga di Biden. E in più ci sono tutte le incognite legate a questa congiuntura straordinaria.
Immagine da Norwegian Digital Learning Arena
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