C’è la Via della seta, il grande progetto strategico tanto discusso in Italia dopo la firma apposta a marzo dall’allora vicepremier (oggi ministro degli Esteri) Luigi Di Maio sul Memorandum d’intesa tra Pechino e Roma. C’è Vision 2030, il piano del principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman, deciso a reinvestire gli introiti del petrolio nella società e diversificare l’economia del suo Paese, attenuandone la dipendenza dall’oro nero. Di questi due approcci l’Occidente è spettatore. Interessato, certo, come nel caso dell’Italia per la Via della seta e degli Stati Uniti per Vision 2030 (basta scorrere la lista delle banche che il principe Bin Salman aveva scelto come consulenti per l’Ipo di Saudi Aramco, assieme a due istituti di investimento nazionali: Jp Morgan Chase & Co., Morgan Stanley, Goldman Sachs Group, Bank of America Merrill Lynch, Citigroup, Hsbc Holdings e Credit Suisse Group).
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