A cura di @NedCuttle21(Ulm).
Un articolo di Claudia Zanfi pubblicato su Artribune parla del meleto che il grande scrittore russo Lev Tolstoj curava nella tenuta di Jasnaja Poljana, oggi recuperato, dopo un periodo di abbandono, grazie alla collaborazione tra il team della Casa Museo Tolstoj e un’agronoma italiana, Isabella Dalla Ragione.
[…] I grandi autori russi hanno lasciato ai posteri non solo opere importanti, ma un profondo amore per la natura e il paesaggio. Basti ricordare gli scritti di Tarkovskij sull’infanzia nel giardino di famiglia: “Non sono mai stato più felice di allora. Là non si può tornare e neppure raccontare com’era stracolmo di beatitudine quel giardino di paradiso”. Lo scrittore Lev Tolstoj, da parte sua, scelse di vivere in una grande dacia, una casa di campagna, attratto dal parco spontaneo che la circondava e dall’ampio frutteto. Situata nel villaggio di Jasnaja Poljana, a circa duecento chilometri a sud di Mosca, Tolstoj vi passava gran parte dell’anno, con la sua numerosa famiglia. Ispirato dai paesaggi circostanti, l’autore compose qui capolavori come Guerra e pace e Anna Karenina.
In un pezzo pubblicato lo scorso marzo sul Corriere della Sera, Luca Zanini parla della passione di molti scrittori russi per la frutticoltura. L’autore si sofferma sul meleto di Lev Tolstoj, devastato una decina d’anni fa dalle gelate invernali e oggi pienamente recuperato grazie soprattutto alle varietà trentine d’alta quota importate dalla Val di Non.
Lev Tolstoj aveva un rifugio: quel frutteto nella tenuta di Yasnaya Polyana, nella provincia di Tula, a 200 chilometri da Mosca, dove si era personalmente dedicato alla piantumazione di gran parte dei suoi 8.550 alberi. E come lui altri grandi scrittori russi amavano le piante da frutta: i libri di storia ricordano Daravoie, la tenuta della famiglia di Fëdor M. Dostoevskij , ma anche Dvoryaninovo (ancora una volta nella regione di Tula), il natio giardino segreto di Andrey Bolotov, prolifico autore di memorie e già nell’800 riconosciuto esperto di agricoltura. O il giardino su cui si affacciava lo studio di Anton Cekhov. Una passione per la natura che resiste anche nei letterati costretti a fuggire dall’Unione Sovietica, come Joseph Brodsky, l’ultimo grande poeta romantico russo del XX secolo , di cui restano le ineguagliabili strofe de «Il giardino». Il loro mondo agreste è uno squarcio su una Russia che sembra scomparsa, ma non lo è. Lo rivela un affascinante documentario realizzato dalla storica delle piante antiche Isabella Dalla Ragione, che già in occasione di Expo 2015 aveva collaborato con il Corriere a rintracciare la frutta antica utilizzata da Arcimboldo nei suoi ritratti.
Immagine: public domain su pxhere
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