Un articolo su The Guardian a firma Miranda Bryant parla della “legge sui ghetti” danese alla prova della Corte di Giustizia dell’UE.
La legge danese sull’edilizia sociale categorizza i quartieri in base a disoccupazione, criminalità, istruzione, reddito e popolazione immigrata. Quelli in cui più del 50% dei residenti proviene da contesti «non occidentali» sono etichettati come una «società parallela» (precedentemente definita «area a ghettizzazione»).
Se, oltre alle condizioni socioeconomiche sfavorevoli, negli ultimi cinque anni un quartiere ha avuto anche una popolazione immigrata superiore al 50%, viene etichettato come «area di trasformazione» (precedentemente nota come «aree a forte ghettizzazione»).
Ciò richiede che l’associazione per l’edilizia popolare proponga un piano per ridurre l’edilizia sociale del 40%, anche mediante la vendita di immobili, la demolizione o la riconversione e la risoluzione dei contratti di locazione degli ex inquilini, entro il 2030.
La legge, presentata sotto un governo social-democratico, sta ora passando per successive corti per valutarne la compatibilità con il diritto costituzionale ed europeo. Riguardo a quest’ultimo, la decisione spetta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europe. Tamara Ćapeta, avvocato generale, ha delle rimostranze su un criterio che considera «su base etnica»:
(…) Tamara Ćapeta ritiene che la distinzione tra immigrati «occidentali» e «non occidentali» e loro discendenti sia fondata sull’origine etnica. A suo avviso, sebbene i «non occidentali» siano un gruppo etnicamente eterogeneo, ciò che unisce detto gruppo non è una comunanza di elementi costitutivi dell’«etnia» all’interno di tale gruppo, bensì la percezione, da parte del legislatore danese, che tale gruppo non possiede le caratteristiche dell’altro gruppo, quello degli «occidentali». (…)
(S)ussiste discriminazione diretta quando il trattamento sfavorevole è direttamente fondato sull’origine etnica. Di conseguenza, sebbene i locatari i cui contratti di locazione sono stati risolti non siano stati selezionati sulla base della loro origine non occidentale, essi hanno tuttavia subito una discriminazione diretta fondata su un criterio etnico.
Le conclusioni di Ćapeta non sono vincolanti per la corte, ma comunque hanno un peso nelle decisioni della CGUE. Il verdetto dovrebbe arrivare prima dell’estate.
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