Davide Piacenza si occupa da tempo di politicamente corretto, codici culturali, e dispute via social. Ha pubblicato un libro, “La correzione del mondo”, di cui Esquire ha pubblicato un estratto: attraverso la comparazione di varie esperienze, Piacenza mostra i possibili risvolti negativi dell’identificazione delle persone con la loro condizione di vittime. Una postura di apertura all’altro, che essenzializzi però le differenze culturali, rischia quindi di diventare un limite, e impedire un effettivo dialogo. Come gli ha spiegato Giovanni Fontana, fondatore dell’Ong Second Tree, che si occupa di profughi:
La realtà del lavoro quotidiano in un campo profughi della Grecia, però, mostra che la vita è una cosa sorprendente, dove le identità sono concetti permeabili: «Le persone si mescolano, cambiano idea, discutono, imparano le une dalle altre, e sono molto più simili tra fazioni diverse che all’interno dello stesso gruppo». Tanto più che, paradossalmente, «il religioso rispetto della “cultura” come monolite intoccabile significa rispettare chi ha potere in quella data cultura: e si tratta generalmente di maschi anziani ed eterosessuali»
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«La dottrina cosiddetta woke imporrebbe di non pensare nemmeno di fare una battuta o scherzare con un ospite del campo, perché potresti offenderlo», spiega Fontana. «Noi abbiamo scelto di rifiutare in toto questa disumanizzazione dell’interlocutore: non si può dare per scontato che quella persona si sentirà offesa in quanto vittima o appartenente a una data categoria fissata a monte da chi non ne fa parte».
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