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Il rapporto tra Uomo e Natura nei film di Hayao Miyazaki

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In occasione della vincita ai Golden Globe del premio per il miglior film di animazione ottenuta da “Il ragazzo e l’airone”, ultima fatica di Hayao Miyazaki, proponiamo una raccolta di articoli che analizzano un elemento fondamentale della poetica del regista giapponese: il rapporto, spesso conflittuale, tra Umanità e Natura.

Ma chi è Hayao Miyazaki? Ce lo spiega con un video dal titolo “La storia dietro Miyazaki” il canale Youtube 151eg, con una panoramica sull’uomo Miyazaki e su tutte le sue opere. Il video è del 2022, quindi si trovano solo alcuni accenni a quello che diventerà “Il ragazzo e l’airone”, uscito a fine 2023. Qui viene raccontata la vita del regista giapponese, da molti paragonato a Walt Disney per l’impatto che i suoi film hanno avuto su generazioni di ragazzi, ma anche di registi, disegnatori e fumettisti.

Sempre il canale 151eg propone un video in cui si analizza il significato dell’ultimo prodotto dello Studio Ghibli targato Miyazaki: Il ragazzo e l’airone (attenzione, il video contiene spoiler).
Questo film è particolare perché, a detta di tutti coloro che lo hanno visto, si discosta notevolmente dalla poetica, tipica degli altri prodotti artistici del regista, che affonda le sue radici nella complessità del rapporto Uomo-Natura, evidenziando quanto spesso il tentativo di controllo della Natura operato dall’Umanità si risolva in disastri, come ben descritto nel film Nausicaa della valle del vento (1984).
L’ambientalismo dei film di Hayao Miyazaki viene descritto nell’articolo dal titolo “L’Ambientalismo nei film di Hayao Miyazaki”, pubblicato sul sito dell’associazione di promozione sociale Frames Cinema:

l’ambientalismo e il rapporto problematico fra umanità ed ecosistemi naturali sono questioni ricorrenti sin dal lungometraggio Nausicaä della Valle del vento (1984)

La natura si è riappropriata dei suoi spazi: l’erba cresce rigogliosa sulla cinta muraria e sulle abitazioni abbandonate, le chiome verdi degli alberi s’innalzano verso il cielo e una moltitudine di fiori colora i sentieri: Laputa è una eco-utopia (o ecotopia) che sopravvive senza l’essere umano, che si è rigenerata e perdura – forse – proprio in virtù dell’assenza degli uomini.

Invece l’articolo de Il Tascabile dal titolo “Hayao Miyazaki tra ecologia e tecnofilia” pone l’accento sulla fascinazione del regista per i prodotti della tecnologia, in particolare per le macchine:

L’ha fatto per mettere meglio a fuoco le storture più problematiche del nostro mondo, quello reale, muovendo i suoi racconti come fossero pendoli, avanti e indietro tra tecnologia ed ecologia: l’amore per gli artefatti, concentrato purissimo di intelligenza umana, e il risentimento rabbioso per il dolore che, in mano agli umani, possono arrecare al resto del vivente. L’ecocinema di Miyazaki torna sempre lì, alla ricerca incessante di un’utopia armonica tra esseri umani, macchine e natura.

Per tutta la vita Miyazaki non ha fatto altro che inserire nei suoi disegni animati aerei, aviogetti, aeromobili, zeppelin, ultraleggeri e idrovolanti, spesso e volentieri militari, forse roso dal senso di colpa per essere nato in una famiglia che dalla guerra combattuta nei cieli ha tratto benessere e opportunità.

Un altro articolo, stavolta proposto dalla rivista online Domus dal titolo “L’architettura in equilibrio tra uomo e natura di Hayao Miyazaki” affronta il modo con cui sono rappresentate le abitazioni e le città all’interno dei film di Miyazaki:

Per Miyazaki, infatti, l’uomo è al centro della narrazione, ma al suo fianco c’è sempre la natura e lo spazio antropizzato, in armonia (come rappresentazione del bene), in contrapposizione (a rappresentare il male), fino a raggiungere un equilibrio di mutuo rispetto tra l’individuo e ciò che caratterizza il genius loci nel senso più metafisico e spirituale del termine.

Uno dei temi cardine della filmografia di Miyazaki è la perdita dell’innocenza con l’ingresso nell’età adulta, dunque il distacco iniziale e il ricongiungimento finale tra mondo reale e mondo fantastico, dove l’architettura immaginifica va a sovrapporsi e reinventare quella reale. Se ne Il castello errante di Howl, il protagonista vola nel corso dei suoi viaggi su città che sono allegorie di luoghi e architetture reali del centro Europa (qualcuno ha detto Gaudì?), ne Il mio vicino Totoro e ne La città incantata è la tradizione giapponese a fare da padrona quando si tratta di rappresentare l’innocenza dell’età infantile.

Nell’ultimo articolo, proposto da La Fionda, dal titolo “Il rapporto uomo-natura ne “la principessa Mononoke” di Miyazaki” si affronta, in particolare, la contrapposizione tra Umanità e Natura nei suoi aspetti più cruenti e feroci.

Nell’anime abbiamo dunque da un lato un Giappone ricco di foreste incontaminate, dove pullulano Kami, spiriti Kodama e bestie selvagge, presieduto dal potente Dio Cervo, manifestazione stessa della natura che dona e toglie la vita. Dall’altro invece abbiamo un Giappone sulla via della modernità e della tecnologia, dove sorge l’imponente Città del ferro. Nel mezzo di questo scontro dialettico si pone il villaggio dei misteriosi Emishi

San è una ragazza cresciuta nella foresta insieme ai lupi e non è consapevole di essere umana. Possiede un cuore puro e incontaminato come la natura selvaggia, è portatrice di un’antica saggezza che le permette di parlare con gli animali e darebbe la vita per preservare la sua amata foresta. San è tuttavia fortemente antisociale, disprezza completamente gli umani e non esita a ucciderli, spinta com’è dal suo odio verso l’uomo e la tecnologia.

Contrapposta a San è Eboshi, la signora della Città del ferro. Anche lei, come San, non è un personaggio inquadrabile nella dicotomia bene/male.
Eboshi è una personalità prometeica, per certi versi molto arrogante, che non nutre alcun rispetto verso la tradizione, le divinità, gli spiriti e la natura, tanto che vuole uccidere il Dio Cervo per disboscare la foresta costruirci delle miniere.

Questa dialettica e il suo superamento vengono rappresentati da Ashitaka, il principe-guerriero degli Emishi. Gli Emishi sono un antico popolo oggi estinto, le cui origini sono ancora ignote (alcuni ritengono che siano in qualche modo imparentati con gli Ainu dell’isola di Hokkaido, altri escludono questa possibilità), che si pensa praticassero una religione sciamanica. Sono dunque rappresentati nell’anime come un popolo che vive in profonda armonia con la natura, rispettando i suoi cicli e i suoi ritmi, senza tuttavia rinunciare alla propria dimensione umana.

Come approfondimento si suggerisce un articolo scientifico pubblicato su MDPI Sustainability (open access) da alcuni ricercatori delle università di Bologna e Roma dal titolo “Representation of Landscape and Ecological Vision in Miyazaki’s Filmography” nel quale viene analizzato il ruolo dei paesaggi nella filmografia di Miyazaki. Infatti nell’abstract si legge:

The renowned Japanese animator, filmmaker, screenwriter, draftsman, manga artist and film director has strongly promoted environmental awareness in his productions by paying close attention to the depiction and visualization of landscape dynamics, using details, and real and invented elements to create an engaging visual experience. The landscapes also take on emotional, metaphorical dimensions, reflecting the emotions and inner thoughts of the characters.

 


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