Fame di Sud pubblica una lunga intervista, suddivisa in tre parti, a Maurizio Fiorilli, l’avvocato dello Stato che per tanti anni, alla guida di una task force messa in piedi allo scopo di contrastare l’esteso e remunerativo fenomeno del traffico illecito di beni culturali, ha lavorato con passione per cercare di far rientrare nel nostro Paese reperti archeologici e opere d’arte trafugati dal territorio italiano e illegittimamente esposti – o semplicemente detenuti – all’estero, conseguendo risultati notevoli.
Avvocato Fiorilli, come apprendiamo dalle cronache il nostro è un Paese sottoposto da tempo a uno sconcertante saccheggio di opere d’arte, tra cui numerosi reperti archeologici, destinati a musei, gallerie e case d’asta stranieri oltre che a ricchi collezionisti. Lei, che si è a lungo occupato della materia, può illustrarci in breve le reali proporzioni del fenomeno?
Comincio col premettere che il fenomeno riguarda tutta l’Europa, che con il suo ricco patrimonio culturale, la sua vicinanza al Medio Oriente e all’Africa è una meta interessante per questo commercio illecito. Secondo Interpol, il mercato nero delle opere d’arte sta diventando tanto redditizio quanto quello della droga, delle armi e delle merci contraffatte. Anche secondo l’UNESCO, insieme al commercio di droga e armamenti, il mercato nero dei beni culturali costituisce uno dei più radicati commerci illeciti nel mondo. I principali mercati di destinazione sono l’Europa (con in vetta la Confederazione Elvetica e l’Inghilterra) e l’America del Nord, mentre la Cina è considerata insieme fonte e mercato nel commercio mondiale di beni culturali per la sua crescente ricchezza. Secondo stime riportate dalla Commissione europea, solo il 30-40% delle vendite di antichità avviene attraverso case d’aste, dove i pezzi sono pubblicati nei cataloghi; il resto avviene attraverso transazioni private. Secondo le stesse stime, nell’80-90% delle vendite di antichità i beni hanno origini illecite. Inoltre, sebbene trattandosi di un’attività criminale sia molto difficile valutare con esattezza il valore finanziario totale del commercio illegale di beni culturali, esso è stato stimato tra i 2,5 e i 5 miliardi di euro annui ed è inferiore soltanto al traffico di armi e di narcotici.
Immagine da Wikimedia.
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