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Il seme della violenza: Il Bogotazo [ES]

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A cura di @Luis K., tratto da Diario Digital RD

 

L’assassinio del leader liberale colombiano Jorge Eliécer Gaitán e le rivolte che ne derivarono vengono considerate l’inizio dell’epoca di violenza del Paese sudamericano. A 67 anni esatti dall’accaduto il giornalista Luis R. Decamps ci offre una ricostruzione accurata dei fatti.

Il 9 di aprile del 1948, il distinto avvocato e prominente leader liberale colombiano Jorge Eliécer Gaitán fu vittima di un fatale attentato contro la sua vita.

Poco prima Juan Roa Sierra, un giovane disoccupato di 21 anni era arrivato nell’ufficio di Gaitán chiedendo invano di vederlo. Verso l’una del pomeriggio, Mendoza uscì con alcuni amici per pranzare all’Hotel Continental.  Questo fu il momento dove Roa, che era in agguato a diversi metri di distanza, sparò tre colpi contro Gaìtan, ferendolo mortalmente: i suoi accompagnatori reagirono rapidamente, ma tutto fu inutile e morì un’ora dopo. La folla accorsa sentendo gli spari identificò Roa come l’assassino e lo inseguì, uccidendolo nel linciaggio.

Jorge Eliécer Gaitán Ayala (conosciuto come “el Jefe” o “el Negro”) era nato nel 1898 a Bogotá, ed era considerato un formidabile leader popolare: godeva di ampi consensi tra lavoratori e giovani per la sua posizione antioligarchica e per la sua battaglia per la “restaurazione morale della nazione”.

Nel 1945 Gaitán lanciò la sua candidatura presidenziale, però la divisione dei liberali, favorita dai conservatori, rese impossibile la presentazione di un candidato unico e il candidato del partito conservatore, Mariano Ospina Pérez, vinse le elezioni. Una volta arrivati al potere i conservatori, sia da parte dello Stato che della Chiesa ci furono ostilità contro i liberali, fino ad aggressioni e intimidazioni, ma nonostante questo alle elezioni di metà mandato del 1947 i liberali arrivarono a controllare l’80% in entrambe le camere. Così si presentava il panorama politico colombiano quando uccisero Gaitán: sembrava, quindi, assolutamente inevitabile la sua vittoria alle elezioni presidenziali del 1950.

La notizia dell’assassinio del leader del liberalismo si diffuse rapidamente per tutto il Paese in una frenetica campagna di informazione cittadina e di stampa, e in poche ore avrebbe avuto gravi ripercussioni sociali e politiche. La situazione divenne ben presto incontrollabile: era cominciata una ribellione più ampia: Il Bogotazo.

In quei momenti si svolgeva nella capitale colombiana la IX Conferenza Panamericana, che fu sospesa, mentre il presidente Ospina Pérez chiamò i vertici del liberalismo per cercare una “soluzione di unità nazionale” alla situazione. Non si seppe mai quante furono le vittime del “Bogotazo”, ma le stime più accreditate parlano di 1’500 morti e 15’000 feriti. Il giorno 13, quando la calma era ritornata su una Bogotá piena di polvere e macerie, ripresero le sessioni della Conferenza Panamericana, che partorì, fra gli altri strumenti di diritto internazionale, la “Dichiarazione Americana dei Diritti e Doveri dell’Uomo”, la creazione della Organizzazione degli Stati Americani e del “Patto di Bogotá” (ovvero il “Trattato Americano di Soluzioni Pacifiche”).

Gli atti di violenza continuarono in diverse località e zone rurali, portando alle cronache non solo una brutale intensificazione del tradizionale scontro tra liberali e conservatori, ma anche una radicalizazzione dell’ala “popolare” dei primi che porterá alla formazione di diversi gruppi guerriglieri i cui rimanenti sopravvivono fino al giorno d’oggi in Colombia.

 

Immagine by Unai txola (Own work) [GFDL  or CC BY 3.0 ], via Wikimedia Commons


 

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