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Il sorriso nella ritrattistica

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Un articolo a firma Nicholas Jeeves pubblicato su The Public Domain review intitolato “The Serious and the Smirk: The Smile in Portraiture” ripercorre la storia del sorriso nei ritratti, dalla Mona Lisa di Leonardo Da Vinci alle fotografie di Abraham Lincoln. 

Oggi, quando qualcuno ci punta una macchina fotografica, sorridiamo. Questo è il riflesso culturale e sociale del nostro tempo, e tali sono le nostre aspettative nei confronti di un ritratto fotografico. Ma nella lunga storia della ritrattistica il sorriso aperto è stato in gran parte, per così dire, disapprovato.

Il sorriso nei ritratti invece è stato raramente rappresentato, poiché era considerato poco raffinato e spesso associato alle classi sociali basse o a comportamenti non appropriati.

Nel XVII secolo in Europa era un fatto assodato che le uniche persone che sorridevano ampiamente, nella vita e nell’arte, erano i poveri, i lascivi, gli ubriachi, gli innocenti… Mostrare i denti era per le classi superiori una violazione più o meno formale dell’etichetta.

Rappresentare un sorriso è inoltre tecnicamente impegnativo e può portare come risultato a  espressioni innaturali o sgradevoli.

La ragione principale è tanto ovvia quanto trascurata: è difficile da fare. Nei pochi esempi che abbiamo di ampi sorrisi nella ritrattistica formale, l’effetto spesso non è particolarmente piacevole, e questo è qualcosa che possiamo facilmente sperimentare oggi. Quando viene prodotta una telecamera e ci viene chiesto di sorridere, ci esibiamo in modo giocoso. Ma se il processo richiede troppo tempo, basta una frazione di momento perché i nostri sorrisi si trasformino in smorfie scomode. Ciò che un attimo fa era volontario diventa immediatamente intollerabile. Un sorriso è come un rossore: è una risposta, non un’espressione di per sé, e quindi non può essere né facilmente mantenuto né facilmente registrato.

Il ritratto poi aveva lo scopo di restituire un’immagine idealizzata:

In questo senso, un ritratto non è mai stato tanto la registrazione di una persona, ma un ideale formalizzato. L’ambizione non era quella di catturare un momento, ma una certezza morale. I politici sono stati particolarmente sensibili a questo. Per un esempio più moderno e fotografico del principio, possiamo considerare Abraham Lincoln. Ecco un uomo più noto di altri, ai suoi tempi, per il suo senso dell’umorismo, e c’erano un certo numero di storie ben note su di lui che attiravano regolarmente scrosci di risate da parte di coloro che erano in sua compagnia. Mentre ci sono alcune immagini informali di lui con espressione bonaria, l’arguzia non abolisce la schiavitù senza una dura opposizione critica, e nella sua immagine più nota, il “ritratto di Gettysburg”, assume l’espressione più seria che si possa immaginare. Queste immagini sono così potenti che è così che viene generalmente ricordato oggi. Mark Twain, un contemporaneo di Lincoln, fu fermo sulla questione in una lettera al Sacramento Daily Union: “A photograph is a most important document, and there is nothing more damning to go down to posterity than a silly, foolish smile caught and fixed forever.”.

Con l’introduzione della fotografia, è diventato più frequente immortalare sorrisi genuini, modificando così la percezione e la rappresentazione del sorriso nell’arte del ritratto.


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