Lo storico ceco Tomas Sniegon racconta il colpo di stato contro Nikita Krusciov, avvenuto sessant’anni fa. La “piccola rivoluzione d’ottobre” tolse di scena il dittatore sovietico senza spargimento di sangue, e rimase un unicum in un sistema in cui tutti gli altri suoi predecessori e successori alla guida dell’URSS, Gorbaciov a parte, rimasero al potere fino alla morte.
La posizione di Krusciov era sempre stata fragile, e già nel 1957 aveva evitato di stretta misura un golpe. Nel 1964 il Presidium del Soviet Supremo e il KGB, guidati da Leonid Brezhnev, Alexander Shelepin e Vladimir Semichastny, lo costrinsero a dimettersi e ad andare in pensione. L’articolo discute la complessa eredità di Krusciov: svuotò i gulag, dissolse il sistema di terrore stalinista e avviò riforme che migliorarono il tenore di vita della popolazione sovietica, ma il suo governo non fu esente da ombre.
His efforts at political and economic reforms stopped when they posed a threat to maintaining the monopoly of communist power. Despite paying lip service to the idea of less heavy-handed domination of the Soviet bloc from Moscow, he became known for his bloody suppression of the Hungarian revolt in 1956. During the Cuban missile crisis in 1962, he then brought the world to the brink of nuclear war. His initially positive reforms improved the living standards of the people in his country, but later became chaotic and led to social unrest, including the massacre of workers in Novocherkassk in 1962 and the need to buy grain from the west, which he had previously wanted to ideologically “bury”.
La sua eredità più importante, forse, fu il fatto che la destalinizzazione permise ai suoi stessi compagni di partito di affrontarlo e di rovesciarlo. Come affermò lo stesso Krusciov nel suo discorso di dimissioni, “sono lieto che il Partito sia finalmente maturato al punto da poter tenere a bada ogni individuo.”
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