Un articolo del Guardian indaga sulla difficile situazione in cui versano molti artisti inglesi medio/piccoli, già colpiti dal difficile sistema retributivo degli streaming musicali e che ora si trovano sempre più in difficoltà nell’organizzare e gestire un’altra parte fondamentale del business musicale: quella dei concerti dal vivo.
Se subito dopo la pandemia l’attenzione si era focalizzata sulla chiusura di molti club di musica dal vivo, ora si rivela un’altra faccia dello stesso problema: molti artisti semplicemente non riescono più a stare in linea con i costi che il live comporta (spostamenti, personale tecnico, merchandise, ecc.), rendendo l’attività una attività in perdita.
Il rischio è che le difficoltà legate al giro in tour, unite alle ben note difficoltà circa il ripagarsi l’attività in studio, rendano l’attività musicale come non più sostenibile. Nonostante ormai ogni artista cerchi di diversificare il più possibile i suoi introiti anche grazie al merchandise queste difficoltà determinano un sempre minore ricambio di “next big thing” e una chiusura verso pochi artisti della maggior parte dei profitti, oltre che un impoverimento sociale e culturale.
In un mondo che finisce sulle pagine dei giornali per i numeri da capogiro delle vendite di poche star (non di rado nemmeno giovanissime), c’è un lato decisamente più oscuro di un sistema che, probabilmente, andrebbe ripensato.
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