Su Jacobin Italia, Lorenzo Zamponi propone un’analisi del voto.
La svolta a destra è netta: per la prima volta nella storia la destra radicale post-fascista, ora rappresentata da Fratelli d’Italia, è il primo partito, con il 26% dei voti. La fiamma tricolore dei vinti della Repubblica di Salò che si erge dal feretro di Mussolini è stato il simbolo più votato dagli italiani. Giorgia Meloni, a suo tempo militante dell’Msi romano, sarà la prima donna a guidare il governo in Italia. Una vittoria strana, arrivata dopo una crescita repentina (quello di Fratelli d’Italia è il terzo più grande aumento di voti tra un’elezione e l’altra della storia europea) da parte di un partito tutto sommato piccolo in termini di iscritti, strutture e gruppo dirigente, non sostenuto da vasti movimenti, da una partecipazione diffusa, da una potente spinta dal basso. La destra vince le elezioni con l’affluenza più bassa della storia repubblicana, votata dal 43,8% del 63,9% che ha votato: il 28% dell’elettorato. E con sostanzialmente gli stessi identici voti in termini assoluti di quelli ottenuti dalla coalizione di Centrodestra nel 2018.
Gli scenari più foschi e meno realistici tratteggiati alla vigilia (FdI e Lega in grado di governare da soli senza Forza Italia, la destra con in mano i due terzi del parlamento necessari a cambiare la Costituzione senza referendum, e così via) non si sono realizzati, ma la vittoria c’è.
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