Due articoli recentemente pubblicati su Jacobin raccontano la storia dietro la partecipata manifestazione svoltasi a Genova durante i giorni del G8 nell’estate del 2001. Per Salvatore Cannavò, Genova è “una finestra sul futuro”:
La prima annotazione di rilievo è che Genova 2001 non è un caso italiano isolato, non è il frutto della crisi della sinistra, della protervia di alcune organizzazioni relativamente di massa, né un problema di polizia italiana. Genova 2001 sta dentro il primo movimento globale dopo il 1989, dopo il crollo del Muro, la fine dell’Urss, la fine del progetto comunista organizzato in occidente, a partire dal Pci, e quindi la fine di tutto quello che aveva sedimentato la forza e le speranze del movimento operaio organizzato.
Fabio Sparagna invece propone una “genealogia di Genova 2001”:
Le componenti organizzate rivestirono un ruolo di primo piano nella definizione delle mobilitazioni, raccogliendo l’onda lunga delle proteste di Seattle, individuando una serie di obiettivi politici generali e trovando una parziale soluzione alle aporie democratiche dei movimenti con il metodo decisionale del «consenso», che non prevedeva votazioni su posizioni contrapposte ma ricerca di posizioni comuni, e la forma del Forum. […]
Il Genoa Social Forum (Gsf) – organizzatore delle mobilitazioni del luglio 2001 – arrivò ad avere l’adesione di 1.184 organizzazioni non governative, realtà sindacali e partiti. Vi erano nuovi soggetti come Attac che portavano avanti la richiesta della Tobin Tax (tassa sulle transazioni finanziarie) e rivendicavano la ristrutturazione delle istituzioni finanziarie internazionali e l’eliminazione dei paradisi fiscali.
Su suggerimento di @Nedcuttle21
— Immagine da Wikimedia Commons
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