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La lingua che abitiamo

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Nadeesha Uyangoda è nata in Sri Lanka, ma vive in Brianza da quando aveva sei anni. È un’autrice freelance che da tempo si occupa di identità, razza e migrazioni. I suoi lavori sono stati pubblicati da Al Jazeera English, Not, Rivista Studio, The Telegraph, Vice Italia e openDemocracy.


L’articolo dal titolo La lingua che abitiamo pubblicato sulla rivista multimediale Lucy, è quasi un flusso di coscienza nel quale l’autrice si lascia andare a considerazioni intime e politiche di chi ha saggiato le lame di uno strumento che all’apparenza non ne possiede. Se per alcuni la lingua è un luogo accogliente, per altri è invece un terreno insidioso anche se a volte questo non viene percepito da chi ascolta.

Per me, invece, la lingua è sempre stata un luogo di confine. O meglio, il confine non era determinato dallo spazio, ma dalla lingua.

L’altro giorno guidavo la macchina tra i banchi di nebbia brianzoli quando mi è venuta in mente la parola මීදුම් [mīdum], e per un istante mi sono sentita al di sopra del confine che mi segna e mi segue ovunque: non ero dentro la foschia delle colline di tè di Nuwara Eliya, non ero in Brianza — le lingue, gli spazi, erano la stessa cosa.


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