Su Valigia Blu, Laetitia Leunkeu propone un’analisi politico-sociologia della logica del decoro e, in generale, del securitarismo.
Chi è protetto dal sistema penale? E da chi? Chi chiama la polizia? Chi ne ha paura? Chi è più propenso ad andare in prigione? Chi meno? Chi è designato come criminale, chi come vittima?
Il calo dei reati è una constatazione reale da svariati anni, una verità statistica difficile da smentire. I reati gravi denunciati in Italia nei primi sei mesi del 2021 sono nel complesso diminuiti rispetto allo stesso periodo del 2019, in epoca pre-pandemia. Erano stati 1.149.914 tre anni fa e sono scesi a 949.120 nel 2021, con un calo del 17,4%: a conferma di una tendenza che si osserva da almeno una decina di anni nel nostro paese.
Il 16 maggio 2019, a tale proposito, il Ministero dell’Interno convocava una conferenza stampa per la comunicazione dei primi dati trimestrali relativi a sicurezza e criminalità rapportati allo stesso periodo nel 2018. Il titolo del comunicato pubblicato sul sito del Ministero degli Interni recitava “Reati -9,2%, -31,87% la presenza di stranieri.”
Il linguaggio impiegato fa sì che chi usufruisce della notizia ne ricavi un’equazione immediata e ingannevole: il calo dei reati è dovuto alla diminuzione dei migranti sul territorio, nient’altro che un risultato del Decreto Immigrazione e Sicurezza, in attesa del “secondo tassello”, “il Decreto Sicurezza Bis”. La legislazione sull’immigrazione è da anni interconnessa a quella sulla sicurezza pubblica. Il rapporto con l’immigrazione è quello di un’emergenza continua, intrappolata nella dialettica tra accoglienza e criminalizzazione.
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