Su suggerimento di @boter42
Il New Yorker parla in questo articolo dell’efficacia e degli utilizzi della musica come strumento di guerra utilizzato anche nelle torture, come avvenuto a Guantanamo:
At Guantánamo, detainees were stripped to their underwear, shackled to chairs, and blinded by strobe lights as heavy metal, rap, and children’s tunes assaulted their ears.
La potenza della musica risiede nel suo essere inevitabile: è sempre possibile chiudere gli occhi (in condizioni normali) per non vedere qualcosa, invece per quanto riguarda l’udito è molto più complicato. Non ci sono parti naturali che coprono l’ingresso del suono.
Sound is all the more potent because it is inescapable
Nell’articolo si parla anche della concezione della musica nell’arco della storia: ritenuta innocua da Socrate si è evoluta nella tradizione romantica e fino ai giorni del Nazismo. Alla luce quindi dell’uso della musica come tortura che non lascia segni fisici sul corpo, sarebbe forse necessario riconsiderare le normative che ne riguardano l’uso.
Immagine da Wikimedia Commons.
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