È stata presentata nelle scorse ore, ad opera di FdI, una proposta di legge per combattere il “turismo procreativo”, il fenomeno per cui coppie o persone che non possono avere figli si recano in Paesi ove la maternità surrogata è permessa.
L’ordinamento italiano, infatti, prevede che “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità” sia “punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.
Il punto sollevato da Fratelli d’Italia è che questo divieto “opera solo a livello nazionale, mentre in altri Paesi, sia europei e soprattutto extraeuropei come India e Stati Uniti d’America, tali pratiche sono legali”. D’altra parte, argomentano da Fdi, la legge in questione è stata scritta quando “non esisteva ancora il turismo procreativo” e dunque “ha lasciato un vuoto normativo, nulla prevedendo in ordine alla liceità o no della surrogazione di utero, e più in generale di maternità, attuata all’estero da cittadini italiani”.
Nella proposta di legge si insiste sul fatto che i tribunali non possono essere “lasciati soli” nel giudicare situazioni di questo tipo. Da qui la necessità, secondo i meloniani, di modificare la legge del 2004 precisando in un comma che le pene “si applicano anche se il fatto è commesso all’estero”. Ma è possibile comminare una pena per una pratica portata avanti in un Paese in cui è legale? L’appiglio giuridico, sostengono i parlamentari firmatari della proposta, sarebbe l’articolo 7 del codice penale che “stabilisce espressamente la punibilità per taluni reati anche se commessi all’estero, prevedendo una riserva di legge in materia”. Da questo punto di vista l’iter della legge si annuncia però complesso.
Ne scrivono Quotidianosanità e Today.
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