A cura di @NedCuttle21(Ulm), @Gio, @Perodatrent.
Raccogliamo di seguito quattro analisi sul voto di domenica che si concentrano su vari temi; dalla crisi del PD al successo del M5S al sud, dalla fine di alcuni caposaldi della politica anni ’90 alla vittoria dei populismi.
Su Internazionale, l’analisi post-voto di Ida Dominijanni:
Ventinove anni dopo l’89 che rivoluzionò gli assetti del mondo, ventiquattro dopo il ’94 che rivoluzionò gli assetti della (cosiddetta) prima repubblica, il laboratorio italiano che non dorme mai tira fuori un altro coniglio dal cappello, che archivia definitivamente la (cosiddetta) seconda repubblica a trazione berlusconiana, mette fuori campo quella che fu la più forte sinistra dell’occidente, allinea uno dei paesi fondatori dell’Unione europea più al blocco di Visegrad, alla Russia di Putin e agli Stati Uniti di Trump che all’asse franco-tedesco di Bruxelles. È l’inizio della terza repubblica, quella “dei cittadini”, ne deduce trionfante Luigi Di Maio: salvo che i cittadini sono lungi dal poterne dedurre chi e come li governerà. È la vittoria dei populismi contro la stabilità del sistema, ne deducono i giornali più legati all’establishment che fu: salvo che in realtà hanno vinto i due populismi “dal basso”, quello della Lega e quello dei cinquestelle, contro i due “populismi dall’alto”, di Berlusconi e di Renzi, che nel corso del tempo il sistema l’hanno sistematicamente demolito più che stabilizzato.
Alessandro Gilioli sul suo blog si concentra sulla crisi della sinistra:
Resta un paese dove la sinistra è tagliata fuori dai giochi, dove i suoi valori perduti sono emarginati perfino dal regno delle possibilità.
E resta la sensazione furiosa che forse è perfino giusto così, che nei giochi si entra o rientra quando si ha un’idea, un progetto, una visione.
Fausto Panunzi sulla Voce si interroga sulla fine di alcuni caposaldi della politica anni ’90 e sulle conseguenze per la sinistra di questo fenomeno:
Si chiede esplicitamente che il governo abbia un maggior ruolo nell’economia, con nazionalizzazioni, chiusura delle frontiere, una maggiore redistribuzione. Insomma, quelle che vengono chiamate politiche sovraniste sono la risposta al fallimento della redistribuzione separata dall’efficienza.
Restano almeno tre domande. La prima è: perché la sinistra tradizionale, almeno in Italia, non è riuscita a intercettare queste esigenze? In fondo redistribuzione e assicurazione sono sue idee chiave. La risposta, a mio avviso, è che la sinistra italiana non è risultata credibile rispetto ad alcuni aspetti delle politiche sovraniste, in particolare rispetto alle politiche sull’immigrazione, uno dei temi centrali di queste elezioni.
Paolo Bricco sul Sole 24 Ore si concentra sul successo del Movimento 5 Stelle nel meridione d’Italia, accostandolo per certi versi all’Ohio americano e al suo sostegno per Donald Trump:
Il Sud dei Cinque Stelle come l’Ohio di Trump. Soltanto che, al posto delle acciaierie dismesse della Rust Belt, nel nostro Mezzogiorno ci sono le fabbriche del disagio sociale, della povertà economica e della disperazione individuale che, con l’inizio della Grande Crisi del 2008, hanno aumentato esponenzialmente la loro produttività. Il significativo successo dei Cinque Stelle assume proporzioni ancora più radicali soprattutto in alcune parti del Paese. L’analogia con il trumpismo della prima ora ha più di un punto di contatto e si nutre di alcune differenze.
Immagine da Wikimedia Commons.
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