I segni profondi del passaggio della Tempesta Vaia (ottobre 2018) sono ben visibili e molte sono le incertezze su cosa fare per ricostituire quel patrimonio ambientale spazzato via in poche ore. Ce ne parla un articolo uscito sulle pagine de Il Dolomiti.
Un esempio di come potranno essere tra vent’anni quelle aree ci arriva dall’altipiano centrale svizzero dove nel 1999 una tempesta simile (Lothar) buttò a terra 14 milioni di metri cubi di legname: Vaia si stima ne abbia atterrati 10 milioni.
Dinamiche identiche in boschi molto simili a quelli del nord-est colpiti da Vaia nel 2018 e poi dal bostrico negli anni seguenti. Per questo è interessante conoscere quanto pubblicato di recente dai ricercatori del Wsl – L’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio, che hanno raccolto in un articolo le loro riflessioni a 25 anni dalla tempesta. “Grazie a Lothar”, scrivono i ricercatori (ribaltando la visione comune dei disturbi naturali come negativi a prescindere), “molte foreste si sono arricchite nella struttura, creando nuovi habitat per molte specie animali e vegetali. La diversità degli insetti è praticamente esplosa dopo la tempesta, come dimostra un nostro studio durato 20 anni. Il numero di specie rare nelle aree sottoposte a tempesta è risultato superiore di un terzo rispetto alle foreste non danneggiate”.
L’articolo invita a mettere da parte l’emozione e i facili sentimentalismi. Vedere una foresta centenaria abbattuta in poche ore fa certo male al cuore, ma per la natura potrebbe essere un’occasione di rigenerazione, un’opportunità per affrontare al meglio le nuove condizioni ambientali. Noi, come genere umano, possiamo dare una mano e agevolare la rinascita. L’articolo si conclude così:
Non gestire meno, ma gestire più e meglio sarà la chiave per vincere le sfide forestali dei prossimi decenni.
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