Un longform pubblicato nel novembre del 2017 sul New York Times Magazine e proposto su Internazionale, tradotto da Fabrizio Saulini, nell’aprile del 2018 ripercorre, attraverso alcune testimonianze, la storia di Tokiwadaira, un immenso complesso residenziale inaugurato agli inizi degli anni ’60 nella periferia di Tokyo. Secondo l’autore dell’articolo, Norimitsu Onishi, uno degli aspetti più problematici della comunità di Tokiwadaira è rappresentato dalle condizioni in cui versano i residenti più anziani, la cui esistenza pare si concluda sempre più spesso con una morte solitaria.
Le cicale, ogni bambino giapponese lo sa, restano sottoterra per anni. Poi, durante l’estate, escono in superficie: si arrampicano sugli alberi, si spogliano dell’involucro e cominciano la loro breve seconda vita. Nei pochi giorni che trascorrono in mezzo a noi si accoppiano, volano e cantano finché i loro corpi non cadono a terra contorcendosi sul dorso, con le zampe protese verso l’alto, prima di morire.
Per la signora Chieko Ito è un frastuono insopportabile. Come all’inizio di ogni estate, le cicale hanno appena cominciato a frinire. Con il passare delle settimane il loro canto invaderà il suo appartamento al terzo piano e il silenzio diventerà un lontano ricordo. Quando le prime smettono, ecco che altre ripartono a strillare. Poi, al momento del picco massimo, una pioggia di cicale morte e moribonde si abbatterà sul gigantesco condominio, dando tregua solo alla fine della stagione.
“Fanno rumore dalla mattina alla sera”, sospira la signora Ito. È il pomeriggio del suo novantunesimo compleanno ed è una giornata insolitamente torrida, l’ennesima di un’ondata di caldo che sta facendo preoccupare i rappresentanti di quartiere. Alcuni volontari si aggirano per il labirinto di sentieri interni distribuendo volantini sui pericoli dei colpi di calore a persone come la signora Ito, che vivono sole in 171 edifici bianchi praticamente uguali. Non avendo parenti o visite, molti anziani passano settimane o mesi nei loro piccoli appartamenti, senza dare segni della loro esistenza al mondo esterno. Ogni anno qualcuno muore nell’indifferenza generale, magari scoperto da un vicino che ha sentito l’odore del corpo.
Immagine da Wikimedia.
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