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La storia di due megalopoli

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Su Foreign policy Jan-Werner Müller, professore all’Università di Princeton, racconta alcuni fatti legati a due grandi città in costruzione o in fase di progetto, la nuova capitale amministrative dell’Egitto e la Line City dell’Arabia Saudita mostrando cosa ci dicono dei loro paesi e dei loro regimi.

Da una parte l’Egitto di Abdel Fattah Al Sisi, considerato un dittatore classico del 20simo secolo, legato agli ambienti militari e che governa con il pugno di ferro.

Il governo di Sisi si è dimostrato molto più repressivo del regime di Mubarak, che ha sostituito dopo l’interludio della Primavera Araba. Oltre all’ordine, la sua legittimità si basa sulla modernizzazione e sui benefici materiali. Sta costruendo una serie di nuove città, come New El-Alamein sulla costa mediterranea, per attirare turisti benestanti. La nuova capitale, che costerà circa 59 miliardi di dollari in un paese già fortemente indebitato, ha lo scopo ufficiale di alleviare il traffico del Cairo, ma sembra avere anche un obiettivo politico, posizionandosi lontano dalle masse urbane turbolente.

La nuova città, costruita a 30 miglia a est del Cairo, non è esteticamente distintiva, con grattacieli, centri commerciali e grandi compound separati da ampi spazi. Nonostante la mancanza di verde e le difficoltà di accesso all’acqua, molte di queste comunità hanno nomi come “Palm Hills” e “Botanica”. La città contiene anche un distretto degli affari centrale costruito da ingegneri cinesi. L’Egitto ha fatto timidi tentativi di emulare Dubai costruendo strutture straordinarie sulla carta, tra cui il pennone più alto del mondo, che potrebbe attrarre o meno i turisti stranieri.

L’approccio di Sisi è una tecnocrazia da manuale, implementata da un esercito deciso a conquistare quote sempre maggiori dell’economia. Il bilancio militare è avvolto nel segreto; le sue imprese, dai cementifici agli alimenti, secondo osservatori esterni, rimangono non controllate e non tassate. I coscritti possono fornire manodopera a basso costo e la presenza di ufficiali dell’esercito in molte aree della vita economica significa che lo stato può rilevare il malcontento in anticipo.

Dall’altra parte Mohammed Bin Salman, principe erede dell’Arabia Saudita, un despota giovane che vorrebbe dare al suo Regno un nuovo volto moderno e prospero.

Per cambiare l’immagine dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman ha superato le convenzionali promesse di modernizzazione dall’alto. Il suo piano di riforma economica, “Vision 2030,” comprende progetti che spaziano dal turismo di lusso agli investimenti in energia verde e sport. Questi cambiamenti richiedono che i sauditi acquisiscano nuove competenze, motivo per cui il regime sta importando manodopera occidentale, ad esempio, per sviluppare l’industria cinematografica, e coinvolgendo più giovani nel mercato del lavoro. L’obiettivo è non solo il branding nazionale, ma anche la costruzione della nazione, con megaprogetti destinati a ispirare l’orgoglio locale.

Il progetto più sorprendente tra questi è “The Line”, una città lineare che si prevede sarà lunga 106 miglia, con grattacieli paralleli alti 500 metri e larghi 200 metri. Fa parte di un piano da 500 miliardi di dollari per sviluppare “Neom”, una nuova regione nel nord-ovest del paese. A differenza delle città convenzionali e tentacolari, The Line viene promossa come ecologica: il suo lungo corridoio, con specchi rivolti verso il deserto, avrà un impatto minimo sull’ambiente circostante; non ci saranno auto e nessuna emissione di carbonio, ma un treno ad alta velocità sotterraneo che correrà sotto l’intera città.


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