Buona domenica. Su gradita segnalazione di f2a, Emanuela Pulvirenti racconta su Didatticarte «la bellezza per antonomasia. La classità per definizione. Il capolavoro scultoreo per eccellenza»: la Venere di Milo.
La storia moderna della statua inizia l’8 aprile del 1820, quando un contadino colpì con la sua pala una pietra molto dura, come da tradizione…
Il caso volle che si trovasse da quelle parti anche Olivier Voutier, un giovane ufficiale della marina francese appassionato di archeologia, la cui nave Chevrette era ormeggiata sull’isola. L’uomo passeggiava tra i ruderi dell’antico teatro greco, incantato dagli innumerevoli frammenti di statue che emergevano dal terreno. Ma vedendo il contadino, a poca distanza da lui, fermo a osservare qualcosa nella buca che stava scavando, si avvicinò per curiosare.
Qui comincia la storia di un acquisto che vede in lotta tra loro diversi contendenti: l’ammiraglio Jules Dumont d’Urville, un funzionario del sultanato ottomano di Costantinopoli, l’ambasciatore di Francia intenzionato a rifarsi delle restituzioni cui il Congresso di Vienna aveva costretto il proprio Paese dopo le spoliazioni napoleoniche…
L’esito delle trattative fu che la statua venne imbarcata alla volta della corte di re Luigi XVIII che ne fece poi dono al Louvre.
Per questo si aprì subito il dibattito sulla possibilità di completarla con due nuove braccia, come si usava fare all’epoca. Ma le ipotesi erano contraddittorie. Teneva una mela in mano? Scriveva su una lapide? Si guardava allo specchio?
Si decise di lasciare tutto com’era, compresa l’attribuzione a Venere, fatta da d’Urville e mai più ridiscussa; c’è la possibilità che si tratti in realtà della moglie di Poseidone, Anfitrite:
Ma è chiaro che una “Anfitrite di Milo” non avrebbe colpito l’immaginario collettivo come una “Venere di Milo” (che per essere precisi avrebbe dovuto chiamarsi Afrodite, alla greca). E d’altra parte la posa e la composizione somigliavano molto a quelle della Venere di Capua del Museo Archeologico di Napoli (copia romana di un originale greco rinvenuta nel XVIII secolo). Dunque, meglio lasciare tutto com’era…
Da questo momento in poi la storia della statua si intreccia con la storia della Francia ma, soprattutto, con la storia dell’arte, decennio dopo decennio.
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