A cura di @Perodatrent (modificato).
A fronte della costante crescita delle rette universitarie e del numero di laureati, Sonia Sodha sul Guardian si interroga su questa espansione dell’istruzione universitaria, comunemente accettata come un fatto positivo per molti motivi.
We’re frequently told that graduates earn more on average than non-graduates; that universities boost local economies; and, of course, that a degree stretches the mind and nurtures critical thinking. Those who interrogate this logic are easily dismissed as philistines, or reactionaries who don’t care that expansion has occurred alongside record numbers of disadvantaged young people going to university.
Ma rimane un dubbio sull’effettivo valore della laurea: certificare le abilità che l’università ha insegnato, o delle particolari capacità già presenti prima dell’iscrizione?
Perché, scrive Sodha, se è vero che un laureato guadagna mediamente di più di una persona senza laurea, tuttavia non sappiamo se tale divario sia dovuto alle competenze acquisite durante gli studi universitari, o se, piuttosto, il famoso pezzo di carta non si limiti a certificare solo che anche il suo proprietario ha soddisfatto un criterio ormai richiesto a tutti:
If everyone else going for that bar job has a degree, you’d better have one too. It’s becoming more common to have a degree in jobs for which you wouldn’t have needed one 30 years ago. South Korea provides a cautionary tale: 70% of the country’s school-leavers go to university, but recent graduates are facing relatively high rates of unemployment, and it is not unheard of to find graduates working as caretakers.
Immagine da Geograph.
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.