Un provocatorio articolo dell’Economist (link alternativo) di qualche anno fa sostiene che i PhD siano una perdita di tempo da un punto di vista meramente economico e di avanzamento di carriera. Nello stesso ci si riferisce al mercato mondiale, principalmente USA e UK, e potrebbe essere sintomo del fatto che certe problematiche non sono solo italiane.
Riassumendo brevemente le idee portate avanti dall’autore:
- Il Phd da un punto di vista meramente economico non da questo grande vantaggio nel mondo lavorativo. È stato infatti calcolato che un master può incrementare i guadagni alll’incirca della stessa percentuale di un Phd ( che però porta via molto più tempo, risorse e impegno).
- Le universitá utilizzano i Phd come risorse economiche per far andare avanti la ricerca e la didattica. Alla luce di questo si può spiegare l’alta percentuale di Phd stranieri, che sembrano tollerare condizioni lavorative peggiori, nella ricerca USA e UK. La strada poi per avere posizioni tenured ( o stabili per dirla all’italiana ) con il tempo si sta assottigliando di più.
- Il mondo del lavoro non sembra apprezzare granché le skill sviluppare nel campo della ricerca, lamentando che queste non si traslano nel campo lavorativo e la mancanza di soft skill.
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