Su suggerimento di @cris.
L’economista politico Carlo Scarpa discute in un articolo per La Voce gli effetti del referendum sull’acqua del 2011 sul nostro sistema idrico nazionale, partendo dal caso di Roma e notando che
Quasi tutta l’acqua in Italia è in mano pubblica. Così, se un comune eccepisse che la sua azienda – non riuscendo a erogare con continuità il servizio datole in concessione – viola una qualche regola contrattuale, quel comune finirebbe per sanzionare se stesso; improbabile e comunque ben poco sensato. Quindi, un regolatore che sia anche proprietario è ben poco efficace.
Ma la natura pubblica dell’azionista ha un effetto anche sugli investimenti, e di nuovo la questione è nazionale. La carenza di investimenti è una pecca cronica del nostro intero sistema idrico; sugli impianti di depurazione non costruiti siamo già da tempo in infrazione comunitaria. Il tema delle grottesche perdite della nostra rete idrica è arcinoto. Ora emerge che anche i bacini di captazione sono insufficienti – oggi a Roma, domani dove? Conta l’azionista pubblico? Certo che conta.
Immagine da MaxPixel.
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