Le regole poco rigide della FDA sui test sierologici aprono il mercato USA a venditori dubbi
Reuters pubblica un articolo che esamina come la FDA (Food and Drug Administration), sotto la pressione della richiesta di test sierologici per il coronavirus, abbia facilitato la commercializzazione in USA di test dai risultati poco affidabili, messi in commercio da mediatori poco scrupolosi.
Pounded by criticism for a delay in expanding diagnostic tests for coronavirus infection, the FDA has swung in the opposite direction in overseeing tests for coronavirus immunity. This take-all-comers approach, Reuters found, has provided an entree for questionable vendors and middlemen — including an electronics salesman hawking an unauthorized home test kit and a former physician convicted in a fraudulent gold-peddling scheme.
Ospedali e organizzazioni sanitarie si lamentano che, senza un processo di approvazione della FDA, o con fornitori senza precedenti di cui fidarsi, tocca a loro decidere quali sono i prodotti affidabili.
“All they want to talk about is price and quantity,” Wyatt of Premier said of testing companies whose claims strike her as dubious. Those pitches lack the usual scientific documentation and generally are not from established distributors, she added. The offers often are full of misspellings or appeals to emotion such as, “In order to help America,” she said.
La situazione è arrivata ad un punto tale di confusione, che è stata la Cina a dover mettere ordine:
After European countries criticized the quality of China’s coronavirus tests, China adopted a new policy on April 1 that holds up exports of tests until the products have a certificate from the country’s regulator, the National Medical Products Administration.
Thus far, China has only certified about a dozen of the 90 China-made antibody tests on the FDA list of prospective sellers…
La gran confusione intorno ai numeri dati dal comitato tecnico scientifico
L’Istituto Superiore di Sanità, nella conferenza stampa delle 12, oggi dovrebbe chiarire i dubbi statistici sul paper che ha portato il governo ad adottare una fase due rallentata
Ne parla Linkiesta.
Ecco il modello statistico che consentirebbe di mappare davvero l’epidemia
Un semplice sistema probabilistico potrebbe misurare l’effettiva entità del contagio meglio di app e tamponi a tappeto, considerando anche gli asintomatici. La proposta di cinque statistici, tra cui due ex presidenti Istat, è stata finora ignorata dal governo.
Ne parla Linkiesta.
Perché è così difficile fare modelli sul covid-19 [EN]
Su FiveThirtyEight si parla della difficoltà di gestire dati e previsioni nel bel mezzo di questa pandemia.
Anche Marco Brambilla dice la sua sulla qualità dei dati e il conseguente impatto di quest’ultima sulla risposta alla crisi sanitaria.
Perché il governo USA ha smesso di finanziare un progetto di ricerca su pipistrelli e coronavirus
National Program Radio (NPR) pubblica un report che spiega come il governo USA ha deciso di sospendere i finanziamenti per la ricerca sui coronavirus e i pipistrelli in Asia.
Secondo la spiegazione, tutto sarebbe nato dalla cattiva informazione fornita da un reporter al presidente Trump, che lo avrebbe indotto a credere che un finanziamento sostanzioso deciso dal governo Obama nel 2015 finisse completamente ad un istituto di Wuhan che studia l’argomento, mentre la quota che gli spettava era in realtà molto inferiore.
La conseguenza è che la fondazione americana che gestiva il progetto è stata costretta a interromperlo, dopo aver identificato centinaia di coronavirus prima sconosciuti, tra cui una cinquantina appartenenti al gruppo che ha causato la SARS e la Covid-19.
The researchers were also able to demonstrate that at least some of the new bat coronaviruses they have found are capable of infecting a human cell in a petri dish. Then the team sampled the blood of people in China who live near various bat caves. They found evidence that for some time now, these bat coronaviruses have been spilling over into the human population.
In un articolo precedente (linkato) veniva citata la scoperta che alcuni dei virus nuovi (contro i quali gli abitanti avevano già anticorpi) potevano essere trasmessi alle persone anche senza un ospite intermedio.
App Immuni: con queste premesse, è totalmente inutile
Un articolo sul sito Digital Day del 30 aprile 2020, pur concedendo che l’applicazione per smartphone Immuni «potrebbe essere importantissima» e che «avrebbe molto senso», prova a calcolare la probabilità che un contatto a rischio venga segnalato dal proprio dispositivo, in uno scenario ottimistico e in uno pessimistico.
Il calcolo delle probabilità ci dice inequivocabilmente che se non aumenterà la convenienza ad installare l’app, non aumenterà il numero di tamponi fatti e non diventerà obbligatorio il consenso alla condivisione del dato da parte dei positivi, l’app Immuni nasce già morta.
L’articolo tocca anche il problema della riservatezza come uno dei freni all’adozione di questa app. Su questo argomento, Paolo Attivisimo ha recentemente tradotto in italiano un articolo della Electronic Frontier Foundation, che parla un po’ più in dettaglio del funzionamento di queste app e che offre un altro punto di vista.
La danza del coronavirus-2
Tomas Pueyo continua la sua serie di articoli sulla possibile prevenzione del coronavirus. Nel primo riassume quali sono le misure base per contenere il virus. Sostanzialmente, mascherine, mascherine, mascherine, anche fatte male non importa, perché l’importante è impedire il contagio degli asintomatici. In aggiunta, lavarsi le mani e cercare di non parlare troppo vicino alle altre persone. Niente di rivoluzionario, ma se non altro riassume un po’ i dati.
Nel secondo parla di tracciamento, spiegando come funziona, che tipo di dati servono, e compara un po’ di alternative. Le app basate sul bluetooth sono sostanzialmente inutili, a meno che non siano obbligatorie o perlomeno caricate sul cellulare di default. Pueyo affronta anche il problema della tutela della privacy, e suggerisce alcune misure che potrebbero rendere il tracciamento politicamente più digeribile.
Non c’è una verità assoluta
Il Guardian intervista un esperto di biologia delle malattie infettive che ha scritto un libro (Calling bullshit ) sulla cattiva informazione nelle reti sociali.
L’intervistato punta il dito su alcune caratteristiche dell’epidemia di Covid-19 che hanno favorito la cattiva informazione, come la politicizzazione dell’informazione:
What’s happened with this pandemic that we’re not accustomed to in the epidemiology community is that it’s been really heavily politicized. Even when scientists are very well-intentioned and not trying to support any side of the narrative, when they do work and release a paper it gets picked up by actors with political agendas.
Altro fattore importante è stata la difficoltà da parte del pubblico di recepire le informazioni rilasciate dagli scienziati, abituati a comunicare tra esperti e incapaci di capire come le loro parole potessero essere male interpretate dalle persone comuni.
Work that might be fairly easy for researchers to contextualize in the field can be portrayed as something very, very different in the popular press.
Immagine da Wikimedia.
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