un sito di notizie, fatto dai commentatori

L’erbario bolognese di Ulisse Aldrovandi

0 commenti

Phoebe Weston sulle pagine del Guardian spiega come i ricercatori, studiando un’antico erbario, stiano analizzando i cambiamenti che ha subito la flora della zona di Bologna a causa della crisi climatica.

Ulisse Aldrovandi, naturalista, botanico ed entomologo italiano, tra il 1551 e il 1586 raccolse 5.000 piante, realizzando un erbario di notevole importanza che costituisce una delle collezioni più ricche del suo tempo. L’intento originale di Aldrovandi era identificare le specie vegetali, per capire quali potessero essere utilizzate a scopi farmaceutici.
I suoi campioni accuratamente pressati stanno aiutando i botanici a tracciare i cambiamenti nella flora dei dintorni di Bologna, avvenuti nel corso di cinque secoli.

Aldrovandi’s data were compared with the Flora della Provincia di Bologna by Girolamo Cocconi (1883) and the Floristic Database of Emilia-Romagna (1965–2021). We explored potential variations in native range and life forms composition, and habitat affinity of the species in the three floras, also contrasting between native and alien species. Native species, mainly in terms of variations of hydro-hygrophytes, chamaephytes and therophytes, provide clear signals of human disturbance and habitat loss. Signals of climate change are provided by the high-mountain species, that were comparably rare between Aldrovandi and current flora and more represented in Cocconi, probably reflecting the effect of the Little Ice Age. Our findings also indicate the increasing importance of alien species from the Renaissance onwards. In this perspective, Aldrovandi’s herbarium preserves the memory of the first signs of a radical transformation of the European flora and habitats. Finally, the study warns about the risk of dismissing herbaria and herbarium specimens collection, which would cause irreparable lacunas in our botanical memory, hindering our ability to predict biodiversity trajectories.

Al tempo di Aldrovandi, le colline bolognesi erano ricche di specie minacciate o addirittura scomparse oggi: il numero totale delle specie è aumentato dal 1500, ma la qualità della flora è diminuita, con molte delle specie più rare in costante declino. L’erbario di Aldrovandi è composto da 15 libri, ognuno contenente fino a 580 campioni. Le schede della collezione includono interessanti note sulla frequenza delle specie, l’abbondanza, l’ecologia, i nomi locali e gli usi nella medicina popolare. I dati analizzati consentono di studiare anche gli effetti della “piccola glaciazione“:

The data also shows the effects of the “little ice age”, which extended through to the mid-1800s. High mountain species such as the silver cranesbill are typically found more than 1,700 metres above sea level, but Cocconi found it at 800 metres above sea level. The mountain buttercup is now only found above 1,000 metres, but during the “little ice age” it was found at 300 metres.

Aldrovandi contribuì anche alla creazione dell’orto botanico di Bologna, uno dei primi realizzati in Europa.

Il primo Orto Botanico bolognese è stato fondato da Ulisse Aldrovandi nel 1568. All’inizio era ubicato in un cortile di Palazzo D’Accursio, circa in corrispondenza dell’attuale ex-Sala Borsa (nei pressi di Piazza Maggiore) ed era costituito da una serie di aiuole comprese in un’area rettangolare. Lo scopo era quello di mostrare agli studenti di medicina della Studio Bolognese i “semplici”, cioè le piante da cui si preparavano i medicamenti dell’epoca. Poiché lo spazio si rivelò presto inadeguato, per ospitare tutte le piante che si andavano raccogliendo, l’Orto Botanico fu spostato nell’attuale via S.Giuliano, presso Porta S.Stefano. Tuttavia nel 1600 venne riaperta anche la sede di Palazzo Pubblico per esigenze didattiche. Infine, nel 1803, abbandonate le sedi precedenti, l’Università acquistò all’interno delle mura un’ampia area agricola, tra Porta Mascarella e S.Donato, che comprendeva anche la palazzina della Viola per stabilirvi la nuova e definitiva sede dell’Orto Botanico. Il progetto del giardino si deve all’architetto Martinetti. All’inizio del Novecento purtroppo l’area fu ridimensionata, con l’apertura di Via Irnerio e venne divisa in 2 parti: una di pertinenza della Facoltà di Agraria con la Palazzina della Viola e l’altra di pertinenza della Facoltà di Scienze, comprendente l’Orto Botanico.

Aldrovandi fu uno dei protagonisti di quello che viene chiamato “l’altro Rinascimento“, il risveglio delle scienze naturali. Ne parla l’Università di Bologna, che ha messo in campo vari progetti per celebrare nel 2022 il 500° anniversario della nascita di Ulisse Aldrovandi. Gli eventi continuano anche in questo 2023.

Ulisse Aldrovandi, uomo del Cinquecento, a cinquecento anni dalla nascita. Per l’Università di Bologna, si tratta del primo scienziato di cui si conservino i manoscritti, gli appunti, le lettere: un tesoro d’informazioni raccolte da uno spirito curioso di tutto. Che cosa interessava ad Aldrovandi, naturalista, medico, antiquario, geologo, fisico, etnografo e tanto altro ancora? Il teatro del mondo, ovvero la pluralità delle cose e degli eventi che rendevano la storia naturale una trama densa di immagini, di storie, di rimandi antichissimi e insieme contemporanei. L’obiettivo di una vita divenne per lui la comunicazione, in transito dagli oggetti ai disegni, dai disegni alle tavolette di pero incise e da queste ultime al libro a stampa. Un progetto titanico, nato dal bisogno di descrivere la realtà: una realtà che le scoperte geografiche rendevano molto più varia e colorata di quanto si sarebbe potuto pensare ancora pochi decenni prima. Aldrovandi saldò le forme del sapere remoto a quelle più recenti, e costruì una raccolta favolosa. La protesse dalla dispersione, rendendola pubblica e donandola la Comune.


Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.