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L’M16 di Teseo [EN]

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A cura di @werner58.

Antonio Garcia Martinez ha scritto per Wired un breve approfondimento sulla vicenda, che periodicamente ritorna alla ribalta, delle “armi stampate in 3D” per spiegare come la stampa 3D in realtà non c’entri quasi nulla, ma sia stata usata come “trovata pubblicitaria” per evidenziare delle serie inconsistenze nella legislazione sulle armi in USA.

If the modern military weapon is just Legos, then what part is the “gun”, the specific piece of hardware with unique rules around sales and ownership that makes it different from, say, a chainsaw or blender?
The federal bureaucrat responds: The “gun” is the thing with the serial numbers on it. In the case of AR-pattern rifles, that’s what’s known as the lower receiver […]

Say I took a rectangular hunk of aluminum and machined out a hole like the magazine well of the AR. Then I machined out the trigger opening. Then I machined out the base where the pistol grip attaches and every other detail in the “gun” part.

At what point did the hunk of metal become a “gun”?

This isn’t mere philosophizing. It’s a real issue in gun regulation. The federal bureaucrat responds again: That piece of aluminum became the “gun” when you got 81 percent of the way to finishing it.

Il cuore del problema non sta in ridicole pistole di plastica, ma nella possibilità di diffondere informazioni che rendono sempre più facile l’autocostruzione di armi prive di matricola, a partire da semilavorati di libera vendita e non soggetti ad alcun controllo. Maggiori dettagli tecnici si trovano in un altro articolo (sempre su Wired) di Andy Greenberg

Immagine da Flickr.


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