Su Rivista Studio, la recensione a firma di Corinne Corci di Mistify, il docufilm che ripercorre la parabola del compianto Michael Hutchence, il cantante degli INXS. Realizzato dal regista australiano Richard Lowenstein, il documentario è stato presentato al Festival del cinema di Roma lo scorso 19 ottobre.
Per Emily Dickinson prima c’è lo stupore «e infine la resa». Così, anche per Michael Hutchence, frontman della band australiana INXS, arrivò «l’ora di piombo, ricordata da chi sopravvive, come gli assiderati, la neve». Si consumò nel giro di cinque anni, dal 1992 al 22 novembre 1997, quando “Hutch” venne trovato morto, 37 anni, nella camera 524 del Ritz-Carlton di Sydney con il collo stretto in una cintura. Michele Bennett, sua partner dall’82 all’87 e poi sua amica, che nel documentario Mystify di Richard Lowenstein ricorda la loro vita come un alternarsi continuo di «soundcheck, sali sul palco, scendi, guida in macchina fino alla meta successiva, fuma, fai l’amore. Ripeti», cercò di irrompere nella stanza alle 10:40 dopo una telefonata in cui «diceva di essere esausto, di non voler rimanere da solo. Gli consigliai di andare a dormire e poi, preoccupata dalle sue lacrime, lo raggiunsi». Non fece in tempo.
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