The Atlantic affronta il tema della mascolinità con due articoli a firma Helen Lewis e Caitlin Flanagan.
Lewis scrive un articolo critico (€ — alt). La giornalista racconta che il suo contatto con certi argomenti non è arrivato per un’inchiesta giornalistica o una ricerca personale, ma grazie alle malefatte di Twitter/X dopo l’acquisizione di Musk. La colonna dei messaggi «Per te», prima popolata da altri giornalisti che la pensavano come Lewis, è stata invasa da personaggi pittoreschi o preoccupanti:
Questo perché X, un piccolo social network amato dai giornalisti, sta ora fornendo una finestra su una parte molto più grande di Internet, che è contemporaneamente assurdamente popolare e quasi invisibile agli estranei. È il diagramma di Venn interconnesso degli streamer di Twitch, dei fandom di arti marziali miste, wrestling e boxe, degli influencer della manosfera e dei commentatori di videogiochi. Il modo in cui questi ragazzi compaiono l’uno sull’altro nei podcast, nei feed di X e nei livestream, e la loro abitudine a combattere fisicamente l’uno contro l’altro per denaro, li fa sembrare una versione più giovane e più strappata dell’Intellectual Dark Web.
L’articolo prosegue con Lewis che fa il campionario della misoginia, affastellando nomi (Danis, Tate, Adam, Olatunji) che prima non dicevano nulla alla giornalista e ora riconosce come la sinistra avanguardia del sessismo nei tempi che corrono.
Non posso essere l’unica a pensare che ci fossimo lasciati alle spalle un sessismo palese e non dichiarato come questo. Ciò che colpisce di più del feed di Danis è quanto il suo mondo sembri maschile: la vita è una competizione tra uomini e le donne sono solo i premi (o le responsabilità). Tate, i cui commenti pubblici danno poche indicazioni sul fatto che gli piaccia passare del tempo con le donne, mostra lo stesso atteggiamento. Forse questi uomini sono ossessionati dal “body count” perché trattano la vita come un gigantesco tabellone.
Flanagan affronta l’argomento da un altro punto di vista (€ — alt): la mascolinità non sarebbe tutta da buttare e ci sarebbe una speranza di salvezza per l’uomo di oggi. La chiama mascolinità eroica.
Avete mai notato che ci sono molti giovani uomini, in tutto e per tutto delle persone ragionevoli, che ammirano Andrew Tate, un influencer vile e molto seguito, accusato di stupro, traffico di esseri umani e crimine organizzato (lui nega le accuse)? Questo perché l’unica cosa che è stata insegnata loro sulla mascolinità è che si tratta di una fantasia pericolosa, sospetta e forse socialmente costruita, che devono scacciare in ogni modo possibile. Sono così confusi che quando finalmente vedono un delinquente come Tate, che si diverte a parlare di dominare e abusare delle donne, pensano che sia ammirevole. Almeno non dice loro che sono dei modelli difettosi.
Flanagan snocciola qualche esempio di mascolinità eroica (i soccorritori post 11 settembre), scrive che ovviamente anche le donne siano capaci di atti di eroismo, ma questo sia qualitativamente diverso:
Ma l’eroismo che contraddistingue la vita della maggior parte delle donne è lo sforzo infinito di proteggere se stesse – e molto spesso i loro figli – dalla minaccia o dalla violenza maschile. È nonostante questa profonda e perpetua vulnerabilità che il mondo va avanti, che le donne escono da sole con uomini che non conoscono bene, che portano in grembo i loro figli e che dormono la notte accanto a loro senza altro che la fiducia. Il numero di donne che hanno rischiato tutto – e in molti casi hanno perso la vita – per autodifesa è infinito, e il numero di quelle che non ci hanno pensato due volte a mettersi tra i loro figli e una grande minaccia è tutto quello che c’è da sapere sul coraggio e sul sacrificio femminile.
L’articolo si conclude con un appello alla società e alle famiglie a dare una possibilità a questo modello.
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