In un articolo comparso nel febbraio del 2015 su Il Sole 24 ore, il fisico teorico veronese Carlo Rovelli parla della più grande passione, dopo la scrittura, del celebre romanziere e poeta russo Vladimir Nabokov, l’entomologia, e di come la conferma di una teoria sull’icaro azzurro (Polyommatus Icarus) elaborata negli anni ’40 dal padre di Lolita sia stata annunciata nel 2011 sull’autorevole rivista scientifica Proceedings of the Royal Society of London.
Passando in questi giorni al Museo di scienze naturali di Milano si incontra una vecchia bacheca con una collezione di farfalle blu, accanto a un nome inaspettato: Vladimir Nabokov. Lui: l’autore di Lolita, dalla scrittura abbagliante, «Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita». Forse uno dei massimi romanzieri del Novecento; in un articolo sul supplemento letterario del «New York Times» si legge «nei circoli accademici Nabokov è sempre più menzionato in compagnia di nomi come Proust and Joyce». Eppure Vladimir Nabokov, la fama la cercava altrove. Una sua poesia, dal titolo Scoprire una farfalla, inizia così: «L’ho trovata e le ho dato il nome, perché conosco / la tassonomia latina: così sono diventato / il padrino di un insetto e il primo / ad averlo descritto; non voglio altra fama che questa». Le farfalle erano la sua passione. Lolita è stato scritto durante uno dei viaggi nell’Ovest americano che Nabokov ripeteva ogni anno per raccogliere farfalle.
Su Doppiozero, la recensione a firma di Laura Beani del libro Fine Lines, una raccolta dei disegni e dei contributi entomologici di Vladimir Nabokov.
Scrive nel ‘45 alla sorella Elena: Immergersi nel meraviglioso mondo cristallino del microscopio, dove regna il silenzio, il suo orizzonte limitato, un’arena di un bianco accecante – tutto questo è così eccitante che non riesco a descriverlo”. Questo universo di dettagli ipnotizza e imprigiona Nabokov. Centinaia di campioni da dissezionare per isolare le macchie di un’ala o i genitali maschili; e poi ingrandire, misurare, confrontare gli organi interni catturandone la sagoma bidimensionale, grazie alla camera lucida annessa al microscopio, che ne proietta su un foglio l’immagine ingrandita: alla fine di questo viaggio nella minuscola ingegneria naturale la sua vista sarà seriamente danneggiata
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