In un articolo pubblicato su Il Tascabile, Alessandro Cane propone un ritratto dell’attivista trans Filomena “Filo“ Sottile.
Chi è Filomena Filo Sottile? La biografia nell’aletta posteriore del suo libro Senza titolo di viaggio. Storie e canzoni dal margine dei generi, pubblicato da Alegre nel 2021, la definisce “una terrona nata a nord-ovest nei tardi anni Settanta”, che ora vive nel torinese vicino alle rive del fiume Sangone. Lei stessa parla di sé come una punkastorie, che usa la canzone e il teatro per raccontare le collettività di cui fa parte. Ma la migliore definizione per Filo è quella presente in una pagina del suo diario e riportata in Senza titolo di viaggio: “Io voglio vivere, e voglio essere frocia, lagnusa, anarchica e poetessa”.
Il libro è nato come un articolo per Giap, la newsletter della Wu Ming Foundation. Si è poi trasformato in qualcosa di più: un’autobiografia che mescola saggistica, poesia e racconto fantastico, per descrivere la sua esperienza di persona trans.
Filo ci parla di burocrazia, delle lunghe trafile per ottenere i documenti d’identità corrispondenti al genere di elezione e dei quotidiani problemi materiali delle persone trans, come la medicalizzazione legislativa per affermare la propria identità di genere, l’invisibilità delle persone non binarie, costrette a dover scegliere un genere o l’altro per essere riconosciute giuridicamente, il costante misgendering – essere lettз socialmente come appartenenti al genere diverso dal proprio – e il deadnaming – l’utilizzo del nome anagrafico rispetto a quello scelto dalla persona.
Nella vita di Filo Sottile hanno un ruolo fondamentale anche il movimento No Tav e la lotta al capitalismo:
In un articolo, diviso in due puntate, pubblicato nel 2018 su Giap, intitolato SI TRAV. Come la militanza #NoTav mi ha dato il coraggio di diventare me stessa, ricorda l’importanza della nascita nel 2011 della Libera Repubblica della Maddalena, località vicino a Chiomonte, un territorio autonomo presidiato dal movimento No Tav per impedire l’apertura dei cantieri della grande opera e sgomberato violentemente dalle forze dell’ordine dopo ventitré giorni. Per Filo è stato “uno degli esperimenti di autogestione più avanzato degli ultimi decenni in Italia” in cui è stato possibile “sperimentare pratiche ed esperienze che sembrano venire direttamente da quella dimensione futura in cui hai già vinto, la realtà parallela in cui l’umanità si è già liberata dal capitalismo – e magari persino dall’eteropatriarcato – e siamo tutte persone libere”
Dall’esperienza No Tav Filo apprende proprio ciò che definisce “la disciplina della disobbedienza” e da qui deriva la sua rivendicazione dell’essere lagnusa e anarchica. Lagnusa, come mi spiega Filo stessa, “è un termine dialettale marsalese ed è un falso amico, che in realtà non vuol dire lagnosa, ma vuol dire persona refrattaria al lavoro… con questo rivendico il sottrarsi, o il volersi sottrarre a una logica capitalista che mette a reddito le nostre vite e le nostre esistenze e non collaborare con un determinato tipo di sistema e pensiero” individualista e basato sullo sfruttamento.
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