A cura di @Baco.
Per la prima volta, Andy H. Yuan e Ann Hochschild due ricercatori della Harvard Medical School, hanno dimostrato la presenza di alcuni prioni all’interno di cellule batteriche. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “Science”.
I prioni sono agenti infettivi non convenzionali di origine proteica, ovvero proteine che, grazie alla loro particolare struttura spaziale determinata da una mutazione conformazionale, hanno acquisito la capacità di replicarsi autonomamente in taluni organismi ospiti e di modificare la struttura di altre proteine, rendendole similmente anomale. Sebbene la nostra conoscenza dei prioni sia assai limitata, sono state identificate diverse malattie che vedono nei prioni l’agente patogeno responsabile dell’instaurarsi del processo morboso come l’Encefalopatia Spongiforme Bovina (conosciuta generalmente come “morbo della Mucca Pazza”), la malattia di Creutzfeldt-Jakob, la Scrapie e il Kuru, ovvero affezioni che colpiscono prevalentemente il sistema nervoso centrale.
Ulteriori studi hanno dimostrato che i prioni non sono necessariamente responsabili di gravi malattie e, al contrario, sono presenti all’interno delle cellule di molti organismi superiori come i funghi dove sono depositari di alcune informazioni trasmissibili geneticamente.
Fino ad adesso, però, i prioni non erano mai stati ritrovati in cellule procariotiche.
Attraverso un software di loro ideazione, Yuan e Hochschild hanno analizzato il genoma di circa 60.000 ceppi batterici individuando in esemplari di Clostridium botulinum un frammento di una proteina che mostrava caratteristiche strutturali simili a quelle di prioni già noti.
Per suffragare la loro ipotesi, una volta isolata questa proteina, i ricercatori hanno “infettato” alcune colonie di E. coli, dimostrando la formazione di alcune placche di natura proteica simili a quelle riscontrate nei cervelli di pazienti affetti da morbo di Alzheimer.
Inoltre, la funzione della proteine prionica scoperta, ricalcava le caratteristiche di altre proteine della stessa natura isolate in precedenza in alcune specie di lievito.
Secondo i ricercatori, il frammento prionico scoperto fa parte di una proteina – chiamata fattore di terminazione della trascrizione batterica Rho – che funziona da regolatore dell’espressione di vari geni del batterio.
I batteri che esprimono il prione, presentano una maggiore attività trascrizionale dei geni coinvolti e, si pensa che questa maggiore attività genica rappresenti un vantaggio evolutivo per questi batteri nel loro adattamento all’ambiente.
Qui un articolo tratto da ” Le Scienze”.
Immagine da Wikimedia Commons.
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