Luana De Micco per Il giornale dell’arte presenta la mostra parigina dedicata a David Hockney.
Alla Fondation Louis Vuitton ha aperto infatti in questi giorni una mostra con 400 opere realizzate dal celebre artista britannico David Hockney. La mostra chiuderà il 31 agosto 2025.
Hockney, che ha 88 anni, ha curato personalmente l’allestimento della mostra, collaborando con Suzanne Pagé, direttrice artistica della Fondazione, e il suo team. Sono esposte opere iconiche come “A Bigger Splash” e “Mr. and Mrs. Clark and Percy“, insieme a lavori inediti, come un potente autoritratto che chiude il percorso espositivo.
La mostra copre tutta la carriera dell’artista, dal primo quadro, il ritratto del padre del 1955, quando era ancora nello Yorkshire natale. Lo seguiamo quindi a Londra, dove entra nel Royal College of Art. Nelle opere di questo periodo, con un linguaggio molto vicino a Jean Dubuffet e ai graffiti, Hockney manifesta la sua omosessualità, all’epoca vietata. Del periodo californiano ci sono opere immancabili: le piscine, i doppi ritratti, i grandi panorami, fino al monumentale «Bigger Grand Canyon» del 1998. Ma Hockney ha voluto soffermarsi soprattutto sugli ultimi 25 anni perché, secondo lui, all’inizio degli anni 2000 si è operata una svolta: la scoperta della fotografia digitale.
Il sottotitolo della mostra, “Do remember they can’t cancel the Spring”, è un messaggio di speranza che Hockney ha trasmesso durante l’epidemia di COVID-19 e simboleggia l’eterno ritorno della primavera, che controbilancia le difficoltà del mondo. La mostra include opere create con tecniche tradizionali e innovative, come dipinti digitali realizzati con l’iPad. Hockney ha saputo reinventarsi continuamente, mantenendo la pittura al centro della sua arte.
Una sezione esplora il dialogo di Hockney con grandi artisti del passato, attraverso le reinterpretazioni di opere di Beato Angelico, Van Gogh, Picasso e altri.
Sempre Il Giornale dell’arte sottolinea il contributo dell’italiano Marco Palmieri all’allestimento della grande mostra parigina:
« Ogni ambiente è stato pensato per dialogare con il contenuto », prosegue Palmieri. « La sala dedicata ai lavori nello Yorkshire ha una struttura più organica, con due grosse vetrine semicircolari che guidano il visitatore in percorsi ad anello, mentre la galleria dei ritratti riprende la distribuzione a parete completa, tipica dei musei inglesi ». Centrale è l’utilizzo del colore. « Ho scelto tinte che richiamassero la gamma cromatica dei quadri per discromia. Le sue opere sono spesso attraversate da colori primari molto intensi: c’è un messaggio di positività, di desiderio di vivere ». La sensibilità artistica di Palmieri, che oltre ad essere architetto è anche artista, ha sicuramente aiutato. « Ho voluto enfatizzare il contrasto tra le sue opere e lo spazio ».
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