Youssef Hassan Holgado su Domani racconta del secondo Ramadan vissuto tra paura e distruzione a Gaza. Malgrado la tregua decine di gazawi continuano a morire per ipotermia o assenza di cure.
Anche la morte per fame è un rischio rilevante: oltre al blocco degli aiuti alimentari, l’interruzione della corrente elettrica e la distruzione degli impianti di desalinizzazione impedisce ai panifici di lavorare.
Al povero pasto comunitario dell’Iftar (la rottura del digiuno) si ritrovano ragazzi rimasti orfani donne diventate vedove, genitori senza più figli.
Un tempo a Gaza dopo il tramonto i giovani gazawi affollavano le strade della Striscia per bere tè, mangiare nei locali e stare in compagnia. Ma ora è tutto finito dopo l’Iftar si rimane a casa, almeno chi una casa ce l’ha ancora “fuori non c’è niente. Non ci sono neanche le luci, è tutto buio“, l’unico rumore è il ronzio dei droni. «Tutti i giorni ci osservan, ci vogliono mettere paura” secondo la testimonianza di Majed cresciuto nel campo profughi di Jabalia, nel 2019 arriva in Italia dove ottiene protezione internazionale come apolide e un lavoro a Fidenza. Nel settembre 2023 era andato a trovare il padre malato a Gaza ma dopo l’attacco di Hamas il valico di Rafah è stato chiuso e ora per lui è impossibile tornare in Italia.
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