“Essenziale” significa indispensabile. Essenziali sono le badanti o le persone che si prendono cura di anziani o persone disabili, nelle case e nelle strutture; i e le braccianti e tutti coloro che riforniscono gli scaffali dei supermercati; cassieri e cassiere e dipendenti che ne permettono l’apertura al pubblico e la gestione; lavoratori e lavoratrici di imprese di pulizie; rider e fattorini che portano cibo o merce a domicilio; coloro che smistano quella merce. Sono perlopiù lavori precari, sottopagati e senza tutele – anche a livello sanitario.
In un articolo pubblicato su Valigia Blu, Claudia Torrisi riflette sulle condizioni precarie tipiche di quelle occupazioni la cui importanza per la società è emersa in maniera palese in questo periodo di lockdown e alle quali paradossalmente, sostiene l’autrice, si continua a dare minore valore.
Un mese fa, Roberto Capocelli scriveva su Left di un progetto alternativo finalizzato alla tutela e regolarizzazione dei riders in fase di sperimentazione a Bologna.
Bologna è avvolta da una bolla di calore afoso e umido, come sempre in estate. Tommaso Falchi si sveglia presto quella mattina; toscano, bolognese d’adozione “per amore”, racconta, da settimane è impegnato in una vertenza per chiedere migliori condizioni di lavoro all’azienda per cui, da quattro anni, fa consegne a domicilio in furgone. Ha un contratto a tempo indeterminato, non è un precario, ma un lavoratore a “pieno titolo”. Almeno così crede. Prima ancora di scendere dal letto per mettere su il caffè, ancora assonnato, accende il telefono. «Ho trovato un’email con sole tre righe, ero stato licenziato per lo sciopero che avevo fatto qualche giorno prima».
Immagine da Shoblock.
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